Peter Callesen e la magia delle sculture di carta
di Irene Tempestini
– Quanta carta straccia ogni giorno nella nostra quotidianità! Ma poi arriva lui, Peter Callesen, artista danese, a farci innamorare di un qualcosa di uso così comune, al quale spesso non affidiamo altro che scarabocchi e liste della spesa; Callesen è infatti in grado di dar forma a sculture di impressionante bellezza, usando un solo foglio bianco sul quale pratica tagli e piegature perfette e minuziose; ed è dalla carta rimossa che prende letteralmente vita la scultura. Il supporto più usato è il foglio A4, ma non mancano opere e installazioni di ben più grandi dimensioni (anche 5-7 metri).
Lo stesso Callesen descrive la trasformazione in 3D di un pezzo di carta, come un processo magico e definisce il formato A4 come un qualcosa di neutrale che può essere riempito con tanti significati diversi. “La carta bianca dà alle mie sculture una fragilità che sottolinea il tema tragico e romantico delle mie opere” e in effetti la prima sensazione che si ha alla vista delle sue opere, al di là dello stupore per cotanta bravura, è di essere di fronte allo specchio, al cospetto delle nostre inesorabili fragilità di esseri umani.
Idealmente lo spazio bidimensionale lasciato vuoto da tagli e piegature sottolinea ed evidenzia il rapporto con la forma tridimensionale che si è originata, rapporto che non si scioglierà mai, perché le sculture resteranno per sempre legate alle loro origini, senza alcuna possibilità di scappare. Così come è scritto nel destino dell’essere umano, che può tutto, tranne fuggire dai propri stati emozionali. Ed è un pugno nello stomaco la tragicità che scaturisce dai tagli precisi, grazie ai quali Callesen crea delicate forme che sembrano prendere vita; e che dire di quel costante dualismo, quell’ alternanza continua tra presenza/assenza, pieno/vuoto, gioia/dolore, vita/morte, passato/futuro, capace di traghettarci in un mare infinito di stati d’animo.
Callesen palesemente predilige la carta bianca, ma non disdegna anche la carta colorata, che spesso associa a cornici, trasformando il foglio in veri e propri quadri. Numerose anche le installazioni di grandi dimensioni, soprattutto scale fatte di carta bianca che rappresentano una forma “più fragile e quasi sublime, che richiama i sogni e l’impossibile”. Secondo Callesen “il candore, la copia ideale di qualcosa di reale, nonché lo sviluppo verticale, nella maggior parte dei miei lavori potrebbe anche rappresentare un aspetto platonico o religioso”.
Altro tema assai caro all’artista danese è la reinterpretazione delle fiabe classiche e il loro ricordo associato all’infanzia. “Tra sogno e realtà, in questo incontro e scontro, in una sorta di incarnazione utopica,– afferma lo stesso Callesen – le opere prendono vita, spesso in modo tragicomico.” (come nella performance/installazione Jukebox)
Particolarmente cara a Callesen anche la raffigurazione tramite una serie di disegni su carta bianca de “La Morte del Cigno” (The Dying Swam) che egli stesso descrive come un ibrido tra il brutto anatroccolo e una figura umana. Il Cigno rappresenta per Callesen i diversi stati d’animo di chi spesso si sforza di essere altro da sé o di essere altrove, o ancor di più chi prova a raggiungere l’impossibile. Inevitabile quindi il confronto continuo e devastante tra realtà e fallimento. Nella serie di disegni de “La Morte del Cigno” si creano così, tanti universi fatti di situazioni improbabili e impossibili, che richiamano la morte, la rinascita, l’autodistruzione.
E’ incredibile quello che un foglio di carta bianca può scatenare, il turbamento emozionale che può suscitare una figura che dalla bidimensionalità fuoriesce con un anelito di vita, appropriandosi dello spazio circostante . Divenendo poi una forma tridimensionale di estrema bellezza e fragilità, origina una serie infinita di dissertazioni sulla vita, sulla morte, la fede, la rinascita, la gioia, il dolore, la religione.
La materia è viva, parola di Callesen.