Mumford & Sons e l’arte del saper coinvolgere
di Irene Tempestini
Empatia, quel filo invisibile che lega le persone, due amanti, un artista al suo pubblico; un magico intrecciarsi di emozioni che fa vibrare l’aria rendendola carica di energia e straordinariamente stimolante. Quel feeling, che con la sua inspiegabile bellezza, è quasi capace di imbarazzare chi lo vive perchè, non negatelo (e chi scrive ne è convinta), non c’è niente di più spaventoso, destabilizzante e al contempo emozionante, che mettere a nudo la propria anima.
E ieri sera ci hanno pensato gli inglesi Mumford & Sons a denudare l’anima di 8.000 persone, per il primo appuntamento sold out della 36esima edizione del Pistoia Blues Festival. Su quello storico palco, quest’anno imponente e regale come non mai, condivisione e partecipazione sono state le protagoniste indiscusse della serata. Il palco, finalmente, è tornato così ad essere quello che deve essere, un mezzo per garantire una migliore visibilità, niente di più niente di meno, e non un muro divisorio o l’esoso piedistallo di fin troppo egocentrici artisti.
I Mumford & Sons sanno di essere fortunati più di altri perchè baciati da quel quid che li rende artisti e perchè, diciamola tutta, chi arriva a certi livelli è anche favorito da una gran botta di sedere, per questo hanno imparato a rendere grazia al folto popolo di fans che se ne sta in attesa per ore sotto un sole infuocato con l’unico scopo di acclamarli.
Piacciano o meno, i Mumford & Sons, nati come indie folk band ed evolutisi ad un indie rock elettronico non originalissimo ma comunque efficace, hanno imparato l’arte del saper coinvolgere e questo basterebbe già di per sè a renderli adorabili. E tra i simpatici tentativi di parlare in italiano di Marcus, i ringraziamenti a Pistoia e all’Italia, “che ha il pubblico più caldo del mondo”, le esilaranti gag con i due fans invitati a salire sul palco per fare da interpreti, lo show si è protratto per oltre due ore, includendo brani degli album passati e del recente Wilder Mind, tra giochi di luci ed effetti pirotecnici.
Se dovessimo riassumere in una parola sola lo spettacolo, lo ripetiamo, useremmo ancora una volta il termine empatia. Ed è stato bello esserne parte, perchè un evento simile ci fa ancora apprezzare un mondo, quello musicale, che ha delle sue dinamiche particolari spesso incomprensibili, e di cui fanno parte il talento, i download, la promozione, tanta fortuna e, grazie al cielo, le esibizioni live.
Saremo stucchevolmente enfatici, dannatamente appassionati di grandi shows , ma ieri credeteci, è stato veramente bello esserci e captare quel filo invisibile che la band ha saputo tessere con maestria e disarmante genuinità per porgerlo ai fans sempre pronti ad afferrarlo.
Tecnicamente un’esibizione di qualità sulla quale non abbiamo nulla da ridire; musicalmente preferiamo i Mumford & Sons più aggressivi e rock mentre non ci esaltano i brani più prettamente folk (per gusto personale ovvio), i pezzi acustici lenti, ma talmente lenti, anzi come dice Marcus brani molto tranquillity, che hanno cullato e fatto addormentare tanti bimbi presenti e, siamo convinti, anche qualche adulto. A volte anche la ridondante ricerca del consenso del pubblico e i continui inchini scanditi da grazie Pistoia, grazie Italia, siete il pubblico più caldo al mondo, tutto bello in Italia, vi amo Italia, ci hanno seriamente fatto temere che gli uscisse di bocca l’odiatissimo clichè pizza, mafia e mandolino. Non glielo avremmo MAI perdonato.
Ma come si dice, la perfezione non esiste e meno male, altrimenti sai che noia…bravi Mumford & Sons, non avete oltraggiato quel palco e una piazza che trasudano storia e musica da quasi quattro decadi.
Setlist:
Snake Eyes
I Will Wait
Babel
Below My Feet
Awake My Soul
Roll Away Your Stone
Tompkins Square Park
Believe
Ditmas
Wilder Mind
Only Love
Ghosts That We Knew
Timshel
Hot Gates
Cold Arms
Thistle & Weeds
Dust Bowl Dance
Lover of the Light
BIS
Little Lion Man
The Cave
The Wolf