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Intervista ai Twisted Head Chaps, giovane blues/indie rock band siciliana

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di Irene Tempestini

 

Questa è la storia di tre ragazzi siciliani, Nunzio Sofia (voce, basso e piano), Carmelo Sidoti (chitarra) e Gaetano Riolo (batteria), che alla fine del 2014 decidono di mettere insieme i loro talenti e le loro “menti contorte” per dar vita ai Twisted Head Chaps. Da lì all’uscita, in pochi mesi (6 marzo 2015), del loro primo EP “Flash Jokes” (registrato allo Studio Dupin di Catania) il passo è breve e i Twistead Head Chaps sembrano avere le idee molto chiare fin da subito, intraprendendo l’arduo cammino dell’autoproduzione e autopromozione. Va da sé che di notti insonni, occhi cerchiati e sbadigli in pieno giorno ne sanno così tanto da poter pensare di scrivere un giorno un manuale a riguardo.  Del resto, è la band stessa a confermarlo, non può esserci nessun miglior biglietto da visita di un buon EP, da divulgare, far conoscere al pubblico e magari a qualche casa discografica seriamente interessata.

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foto©Emanuele Musumeci

 

Tecnicamente “Flash Jokes” è composto da 5 brani che a nostro avviso sono molto più che “scherzi flash”; è vero sì, che si tratta di un album di debutto, ma l’ironia con cui la band affronta racconti di storie serie e personaggi tragicomici, palesa una spiccata intelligenza compositiva che si manifesta anche grazie ad un buon mix di influenze blues, con accordi minimali e il sound grezzo e caldo, unite alle sonorità più moderne dell’ indie.

Conosciamo meglio i Twisted Head Chaps attraverso l’intervista che hanno rilasciato a ZestToday qualche giorno fa.

 

“Tre ragazzi dalla testa contorta” che si sono conosciuti al liceo… e poi? Quando avete deciso di fare sul serio?

Sul finire del 2014 ci siamo ritrovati tutti e tre liberi da impegni universitari e lavorativi e abbiamo deciso di dedicarci a tempo pieno a questo progetto. In particolare una sera parlavamo, e tra una birra e l’altra, ciò che è nato come una battuta è diventato il progetto Twisted Head Chaps.

 

Flash Jokes è il vostro EP di debutto, 5 brani che avete tirato fuori dal cassetto, rispolverato  e autoprodotto. Voi stessi nella presentazione definite la vostra musica blues, psichedelica e indie rock. A quali artisti vi sentite musicalmente più vicini?

Sicuramente le correnti rock e psichedeliche degli anni ’70 hanno un valore inestimabile e costituiscono sempre un bacino ricco da cui attingere. Senz’altro il blues è la matrice assoluta che sta alla base della composizione e della scelta del sound. Infine, anche i dischi indie dell’ultimo ventennio ci hanno regalato tanto da cui trarre ispirazione.

 

Perché la scelta di cantare in inglese?

Pensiamo che la lingua inglese sia quella che più si adatta al nostro stile e sicuramente ai generi musicali che preferiamo. Inoltre, al cantante viene in modo istintivo improvvisare in inglese quando si abbozzano le prime linee vocali.

 

I vostri testi, lo avete dichiarato voi stessi, sono fondamentalmente ironici.  E’ un modo intelligente per dire ehi, qui tante cose fanno schifo, ma noi ci proviamo sempre e comunque e vi invitiamo a fare uso di un po’ di sana autoironia?

Sì, non prendersi troppo sul serio e cercare di strappare un sorriso senza scendere nel banale. Si possono comunque toccare note di profondità senza essere troppo cataclismatici o esiziali. Inoltre, i personaggi tragicomici sono quelli che preferiamo quando scriviamo.

 

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foto©Ferdinando Raffa

E’ un caso o la scelta di una formazione a tre è voluta? (tra l’altro chi scrive apprezza e molto n.d.a.)

La formazione è nata da sé e la continuiamo a mantenere poiché viaggiamo sulla stessa lunghezza d’onda e c’è davvero tanta sinergia musicale tra di noi. Abbiamo trovato il nostro equilibrio come band. Un bel vantaggio essere in tre in questi tempi di crisi.

 

Per essere un EP di esordio vi sono alcuni spunti interessanti, con arrangiamenti  qualitativamente molto buoni e sonorità fresche. Avete già provato a bussare a qualche casa discografica? Se sì, si muove qualcosa?

Ancora no, stiamo seguendo una linea di autopromozione sperando di poterci mettere in mostra e magari attirare l’attenzione di qualche etichetta.

 

Chi di voi è dunque il pr della band?

Io (Carmelo Sidoti n.d.a) mi occupo maggiormente delle pubbliche relazioni con i media e con i club, ma speriamo al più presto di poterci affidare a qualche agente.

 

Quanto è difficile fare tutto da soli, soprattutto sostenere economicamente il proprio sogno?

Davvero difficile. Acquistare visibilità è molto dispendioso. Fare pubblicità, ottenere contatti con la stampa e con gli altri media, l’organizzazione dei concerti, sono tutte delle attività che richiedono dei veri professionisti come agenti e uffici stampa. Senza una produzione alle spalle è davvero dura.

 

Nel nostro Paese la cosa più difficile per una band e un musicista in generale  è riuscire a trovare spazi dove esibirsi live…concordate o siete in questo più fortunati?

Non possiamo lamentarci per quello che stiamo ottenendo qui a Catania ma è sicuramente vero che è difficile. Principalmente il problema sta nel pubblico che è poco interessato alla musica live, figuriamoci a quella inedita, e quindi i club devono adeguarsi anche all’utenza.

twisted head chaps - Flash Jokes cover

La scena musicale siciliana è da sempre molto viva, ma avete mai pensato di trasferirvi magari a Milano o all’estero?

Suonare in giro è il sogno di tutti i musicisti, anche il nostro, e speriamo di poterlo realizzare presto. Non abbiamo progettato al momento un trasferimento stabile fuori dalla nostra città, ma speriamo di poter partire in tour presto per poi tornare.

 

Cosa bolle in pentola per  i Twisted Head Chaps?

Stiamo lavorando su tanto nuovo materiale con l’obiettivo di registrare un disco sotto etichetta nel futuro, e speriamo di poter iniziare un tour nel Nord Italia nei prossimi mesi. Le novità a volte arrivano inaspettate e diversamente da come vengono inseguite. Non sappiamo cosa ci riserva il futuro ma continuiamo a lavorare sodo affinché il nostro sogno si realizzi.

 

Il vostro sogno più grande, come musicisti e come giovani uomini?

Far diventare la musica un mestiere, portare la nostra musica in lungo e in largo e suonarla sempre come l’abbiamo partorita.

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