Intervista a Roberto Tiranti, ‘straripante’ artista che ci racconta il suo ‘Sapere Aspettare’
di Irene Tempestini
Prima o poi arriva il momento in cui un artista sente il bisogno di far viaggiare in solitaria il proprio talento; è inutile negarlo, quando per anni si fa parte di una o più band, inevitabilmente la creatività inizia a scalpitare e a chiedere di poter lasciare ai posteri un personalissimo biglietto da visita, che abbia impresso solo il nome e cognome dell’interessato, ma soprattutto che parli un unico linguaggio musicale, che non deve rendere conto a nessun altro.
Di questo ce ne dà prova Roberto Tiranti con il suo primo album da solista, dal titolo “Sapere Aspettare”. Cavallo di razza sulla scena musicale da oltre 20 anni, Roberto ha trascorso sette anni come cantante/bassista dei New Trolls, mentre dal 1997 al 2014 è stato il cantante dei Labyrinth, band heavy metal con cui ha registrato 7 album e intrapreso tour mondiali.
Roberto ha all’attivo collaborazioni con grandi nomi quali Ian Paice (Deep Purple), Martin Barre e Clive Bunker (Jethro Tull) e molti altri. Attualmente è il cantante bassista dei Ken Hensley & Live Fire ( band di Ken Hensley storico tastierista degli Uriah Heep) con cui ha registrato l’album “Trouble” (2013). E’ inoltre impegnato nel progetto Wonderworld, insieme a Ken Ingwersen (chitarra) Tom Arne Fossheim (batteria).
“Sapere Aspettare” ha il valore di un’antologica in cui è racchiuso il background enorme a cui può fare riferimento un artista che ha passato gli ultimi 26 anni a sperimentare, conoscere, facendo cross over tra generi diversi. E nell’album tutto questo si sente, perchè dall’inizio alla fine ci stupisce con virate tra il rock, il blues, il gospel, ora in italiano, ora in inglese. Un album che nasce da un talento straripante, a cui i panni indossati troppo a lungo stanno stretti. Del resto, ce lo conferma Roberto in persona nell’intervista che ci ha concesso, per lui è fondamentale evitare qualsiasi “stagnazione”.
“Sapere Aspettare” arriva al momento giusto, quando Roberto Tiranti è pronto a spiegare le ali e dare libera voce a quello che l’artista/uomo ha da dire con la sua musica.
Ventisei anni di musica ad alti livelli, un percorso ricco di esperienze diverse, ma Roberto Tiranti ha ancora tanto da dire. Il “Sapere Aspettare “ del titolo del tuo primo album solista potrebbe indicare, dunque, che prima o poi arriva il momento in cui possiamo palesare al mondo chi siamo?
Esattamente!E va fatto quando ci si sente pronti, quando ci sono abbastanza idee e concetti da condividere. Aspettare il momento giusto sapendo chiaramente riconoscerlo quando arriva.
“Sapere Aspettare”, 11 brani, un mix di rock, blues, cori gospel e non manca un originale tango. Spiegaci com’è nata l’idea, perché Roberto ‘tanghero’ ci incuriosisce molto…
Tutto è nato da una mia passione per il grande Astor Piazzolla, avevo realizzato dei files basati sul celeberrimo Libertango per alcune installazioni dell’università di Genova (facoltà d’ingegneria informatica) ed ho creduto opportuno utilizzarli per il mio album creando testo e melodia originali, dando al tutto un tocco di ironia.
All’album hanno contribuito una lunga serie di artisti importanti, è stato facile convincerli?
Tutti coloro che hanno collaborato lo hanno fatto innanzitutto per amicizia e stima, nessuno ha tentennato e di ciò vado estremamente fiero poiché è la dimostrazione che in questi 26 anni ho anche saputo coltivare vere amicizie. Stef Burns, Aldo De Scalzi, Fabio Valdemarin, Marco Barusso, Marco Canepa etc. hanno indubbiamente aggiunto grande valore alla mia musica e ne sono davvero orgoglioso.
Qual è il brano dell’album, se c’è, che ti ha fatto tribolare più di altri nel comporlo? E in generale, è stato un lavoro complesso o l’ispirazione non ha trovato grossi ostacoli?
Ogni brano ha una storia a sè, non ho avuto particolari problemi, l’unica mia preoccupazione era rivolta ai testi in italiano, ne fui addirittura spaventato ad un certo punto ma una volta scritto il primo gli altri sono seguiti abbastanza fluidamente e per l’unico per cui non sono riuscito a scrivere nulla di soddisfacente, l’attuale “nero cenere”, mi sono fatto aiutare da Matteo Mugnai Robles amico cantautore ligure davvero talentuoso.
“Sapere Aspettare” contiene la cover della hit “Crazy”, nella quale non passa inosservata la performance strepitosa di Irene Fornaciari. Quanto è stato importante il suo sostegno in un momento di cambiamento come quello che stai vivendo e nella realizzazione di questo progetto?
Purtroppo non stiamo più insieme da qualche mese, di certo 12 anni con lei hanno influito più che positivamente nella mia vita e nella mia musica, ma si sa,non va tutto sempre come vorremmo. Ho voluto averla nel mio disco per cercare nel mio piccolo di poterla aiutare facendo capire a tutti quanto talento sia racchiuso in quella meravigliosa persona. Ci tengo ulteriormente a specificare che l’arrangiamento vocale è al 90% farina del suo sacco.
Dopo molti anni hai lasciato i Labyrinth, quanto è stata difficile questa scelta?
Nessuna particolare difficoltà, le cose cambiano e con esse le priorità, loro restano la mia band a cui devo moltissimo ma arriva il momento di dover cambiare strada.
Il tuo bagaglio artistico è invidiabile, ma qual è stata l’esperienza che hai vissuto più di tutte come una sfida personale per metterti in gioco come uomo e come artista?
Direi proprio questa con “Sapere aspettare”… mai prima d’ora mi ero messo così tanto in discussione. All’interno di una band condividi gioie e dolori, sei parte di un motore, un ingranaggio, qui invece tutto dipende da me nel bene e nel male.
Parallelamente alla carriera solista stai portando avanti il progetto con i Wonderworld, insieme a Ken Ingwersen(chitarra) e Tom Arne Fossheim(batteria), e fai anche parte dei Ken Hensley & Live Fire. Lavorare su più fronti ti aiuta a non smarrire la tua creatività dirompente?
Sì! Mi tiene vivo, mi tiene concentrato e dà nuovi stimoli. Credo che essere in movimento impedisca la “stagnazione”, la possibilità di viaggiare vedendo nuovi posti e differenti culture non possa far altro che arricchire la propria tavolozza dei colori. Wonderworld è un progetto molto diretto e creativo, Ken e Tom oltre ad essere musicisti di grande spessore sono diventati amici insostituibili e Ken Hensley è una leggenda vivente da cui c’è sempre da imparare.
Cantante, bassista, chitarrista, autore, arrangiatore, attore di musical. C’è qualcosa in cui ti piacerebbe cimentarti e che non hai mai fatto?
Diciamo che quanto fatto fino ad oggi mi basta e la mia volontà sta tutta nel perfezionare e migliorare ciò che so fare.
Nel corso della tua carriera hai collezionato una serie di collaborazioni importanti. Quale ha lasciato maggiormente il segno e perché?
Non sarò mai abbastanza grato ai New Trolls, a 22 anni mi vollero con loro insegnandomi un mestiere, facendomi maturare musicalmente in fretta, molte delle cose che so le devo a loro. Ovviamente i Labyrinth sono stati importantissimi e vado fiero di ogni singola nota scritta e cantata con loro.
Giudicare il proprio lavoro è molto difficile, si è sempre o troppo critici o troppo poco critici. Roberto, giudice di se stesso, come si vede artisticamente parlando?
Mi vedo come una scheggia impazzita sempre alla ricerca di se stesso e di cose da dire e dare. La voglia di migliorare mi porta a volte ad essere molto intransigente con me stesso ma è anche il motivo per cui ho aspettato tanto per questo primo passo verso la libertà.
Cosa ti aspetti da “Sapere Aspettare”?
Nulla di incredibile! Questo album è il primo mattone su cui poggerò le basi per il mio percorso da artista solista. Sono felicissimo di come sia stato accolto da critica e pubblico. Un buon inizio davvero.
Ti vedremo presto live?
Sto programmando adesso un tour abbastanza capillare per il prossimo autunno/inverno, i tempi non sono dei migliori ma non credo sarà difficile fissare alcune buone date in giro per lo stivale.
Su ZestToday uniamo le arti. Se dovessi scegliere un dipinto, una scultura, un film, un libro, per rappresentare il tuo nuovo album e la tua musica, quale sarebbe?
Dovessi scegliere un artista sarebbe Arman, mi piace molto e credo possa essere in qualche modo vicino a Sapere Aspettare, voi che ne dite? Grazie mille per questa bella intervista.