Icon For Hire, leggi la recensione di Amorphous, l’album nato grazie ai fan
di Irene Tempestini
Icon For Hire, 14 tracce per il nuovo album ‘Amorphous’. Leggi la recensione
Gli Icon For Hire sono un fenomeno musicale conosciutissimo sul web, con all’attivo oltre un milione di ascolti mensili su Spotify e centinaia di migliaia di fan sui vari canali della band. Il duo rock-elettronico formato dalla cantante Ariel Bloomer e dal chitarrista Shawn Jump ha pubblicato il nuovo album ‘Amorphous’, contenente 14 tracce, da cui sono stati estratti i singoli ‘Last One Standing’, ‘Seeds’ e ‘Curse Or Cure’.
L’album, e più in generale, lo stile degli Icon For Hire, attinge al rock così come all’elettronica e al rap, dando vita ad un mix di sicuro interesse. Il tutto ben sostenuto anche dalle indiscutibili abilità vocali di Ariel, funambola della voce, in grado di passare agilmente e con risultati ottimali, dal rap, al pop, al rock. Ariel è anche una brava autrice di testi e nell’album ne dà prova.
Per ‘Amorphous’ la band ha lavorato con l’ingegnere Romesh Dodangoda, nominato ai Grammy, noto per il suo precedente lavoro nella produzione dell’ultimo album di Bring Me The Horizon, nonché per ‘Don Broco’, ‘Busted’ e ‘Kids in Glass Houses’. L’album è stato completamente finanziato dai fan tramite Kickstarter, grazie ad una delle più fruttuose campagne musicali di sempre, che ha raccolto oltre $ 200.000. Ed ecco che gli Icon For Hire sono la prova di come la discografia sia cambiata, e di quanto sia importante, per una band, lavorare bene in rete, per sperare di poter raggiungere importanti obiettivi.
Dopo l’intro strumentale, il brano Brittle e il successivo Curse Or Cure, ci portano subito nelle atmosfere rock ed elettroniche degli Icon For Hire, in una continua alternanza tra riff rock e suoni elettronici, dai ritmi ora spinti ora più soft. Enemies vede Ariel cimentarsi anche nel rap, con il quale dimostra di essere molto a suo agio. Stessa cosa in Panick Attacks, che unisce in modo equilibrato rock, elettronica, rap e pop, grazie come sempre anche alla versatilità vocale di Ariel. Nel brano Seeds si ha uno degli intro più EDM dell’album, mentre Thirteen spiazza tutti proponendo un tape con solo piano e voce, privo di editing, dove Ariel può dar prova del suo talento eliminando ogni orpello. Background Sad ci riporta nelle atmosfere più rock/elettroniche/po/rap degli Icon For Hire. Sicuramente uno dei brani più intensi dell’intero album.
Last One Standing e Waste My Hate arrivano come una scossa energica che rialza il ritmo in un crescendo esplosivo. Il ritornello di Waste My Hate è così orecchiabile che probabile rimarrà nella testa di molti per ore, forse giorni. Interlude-Impossibles-Obstacles è un caleidoscopio di suoni, orchestrato da un’ Ariel, impeccabile rapper. Stick And Stones e Warrior proseguono sulla via più tirata e potente dell’album. Ritmo che si placa sul finale, con l’ultima traccia dal titolo Only Be A Story, ennesima ottima prova di Ariel.
Icon For Hire, Amorphous tracklisting:
- Prelude Brittle
- Brittle
- Curse Or Cure
- Enemies
- Panic Attacks
- Seeds
- Thirteen
- Background Sad
- Last One Standing
- Waste My Hate
- Interlude – Impossibles _ Obstacles
- Sticks and Stones
- Warrior
- Only Be A Story
Ascolta ‘Amorphous’ degli Icon For Hire: