Hate Moss, intervista a Tina e Ian
di Irene Tempestini
Gli Hate Moss sono un duo italo/brasiliano, formato da Tina e Ian. Il loro ultimo album NaN è meritatamente Top Album su ZestToday. Leggi la recensione e ascolta l’album QUI.
Ma conosciamo meglio questi due talenti.
NaN è fresco di uscita. Otto tracce che contengono musica dal mondo, per il mondo. Un mix di culture, lingue, suoni. Raccontateci la genesi del nuovo album.
Come la maggior parte delle band e degli artisti, abbiamo dedicato gli ultimi due anni ( quelli della pandemia) a scrivere, comporre e produrre il nostro secondo album tra Italia, Uk e Turchia. Da quando e’ iniziato il progetto Hate Moss non abbiamo mai smesso di ricercare influenze per sviluppare canzoni che avessero delle sonorità non canoniche. Tutto questo ci è sempre venuto in modo naturale, lasciando spazio prima di tutto alle nostre radici (italiane e brasiliane) e poi ai posti dove abbiamo vissuto e viaggiato.
Crediamo sia importante togliere il monopolio anglofono al mercato musicale mondiale e nel nostro piccolo facciamo il possibile per far apprezzare altre lingue e sonorità. Due magnifici produttori e anche grandi amici, Mauro Polito e Donato Panaccio , “In a Sleeping Mood” (nome del loro progetto), ci hanno accompagnato in questi due anni aiutandoci a far emergere le sonorità che cercavamo. Dovendo lavorare a distanza abbiamo spesso fatto una sorta di ping pong con i brani, fino a trovare la combinazione alchemica che rendesse soddisfatti, sia noi, che loro. Il mixaggio invece lo abbiamo fatto in presenza, ci siamo ritagliati una settimana per chiuderci tutti e quattro in studio uscendo solo per bere del caffè. Il master lo abbiamo lasciato alle mani di Jason Mitchell ( Massive Attack, Pj Harvey etc..) Loud Mastering Studios UK.
Il nome NaN è ripreso dal linguaggio informatico. Spiegateci il significato e il perché di questa scelta.
Da qualche anno a questa parte Ian ha intrapreso un percorso che lo ha portato a studiare web design ed informatica. NaN che significa Not a Number è il risultato che esce fuori dalla console di ogni browser quando si tenta di fare un calcolo con qualcosa di non calcolabile, per farla breve. Abbiamo pensato che fosse molto poetico come nome e anche che avrebbe rispecchiato bene sia il sound più elettronico sia i testi più socialmente impegnati.
Colpiscono molto le tematiche che affrontate e l’originalità e audacia con cui le approcciate. Qual è la vostra visione musicale, cosa significa per voi fare musica oggi?
Non siamo tipi particolarmente religiosi. Crediamo che fare musica serva, prima di tutto, a noi, per colmare quella parte spirituale, se vogliamo chiamarla così. Conseguentemente fare musica, o meglio, scrivere canzoni è per noi un metodo per dire la propria idea sul mondo, con la speranza di riuscire a mettere il germe della curiosità nella testa dei nostri ascoltatori.
Siete musicisti ma avete anche un’etichetta indipendente. Sentite che la scena musicale è viva? O c’è troppa “calma apparente”?
Siamo più organizzatori e promotori di eventi che musicisti purtroppo; la scena musicale è vivissima, piena di cose che succedono e satura di artisti. È molto difficile riuscire ad emergere proprio per questo. Questa calma apparente è probabilmente l’occhio del ciclone. La nostra etichetta è una piccola realtà che ha come obiettivo quello di aiutare artisti come noi, ma purtroppo in un mondo sempre più globalizzato e centralizzato questo è assai difficile.
Dopo aver vissuto a Londra siete rientrati in Italia. Qual è l’impatto positivo e quello negativo di questa scelta? E cosa vi manca musicalmente parlando di Londra? Se è ancora la Londra di un tempo
Questa domanda è semplice anche se un cliché. Il meteo è decisamente meglio in Italia. A livello musicale però in italia siamo ancora molto indietro. La maggior parte dei promoter o locali tende a lavorare solo, ed è comprensibile, per soldi ed in Italia non siamo ancora abituati ad apprezzare artisti che scrivono la propria musica e promuovono la propria scena, raccontando per esempio la periferia fiorentina degli anni ’10 del duemila. Insomma tendiamo ancora a scimmiottare le novità che arrivano da UK e USA. Questa, sia ben chiaro, è una sintesi di un punto di vista che parla dell’ 80% di quello che abbiamo visto in questo paese. Per fortuna c’è un buon 20% di progetti assai interessanti ed originali.
Quali sono i vostri obiettivi futuri?
Il nostro obiettivo è quello di suonare tanto, ovunque e sempre di più. In più ci piacerebbe fare più collaborazioni con artisti di varie scene culturali sia in Italia che fuori.
Cosa rifareste 1000 volte e cosa non rifareste mai (se c’è qualcosa)?
Rifaremmo tutti i tour e le date che abbiamo fatto finora. Forse non rifaremmo la pubblicazione del primo album come album intero ma lo lanceremmo a singoli prima, per poi fare una release come abbiamo fatto appunto con NaN. Però, ecco, queste sono cose che si imparano strada facendo e per fortuna ne vogliamo fare tanta di strada ancora.
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