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Gianfranco Ferrè, l’architetto delle forme

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gianfranco ferrè

di Allegra Piccio

Dal 13 al 16 novembre si è tenuto a Milano il Bookcity, una manifestazione durante la quale sono avvenuti incontri, conferenze, presentazioni, dialoghi, mostre e spettacoli. Tra questi una interessantissima conferenza su Gianfranco Ferrè tenutasi proprio nella fondazione omonima in via Tortona 37. Una location più che azzeccata!

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È stata un’emozione indescrivibile poter ammirare e addirittura toccare alcuni abiti delle vecchie collezioni che erano lì esposti.

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Molti pensano che la moda italiana sia iniziata negli anni ’90 e ignorano cosa c’è stato prima. In realtà tra gli anni Settanta e Ottanta la moda italiana è stata attraversata da ripetuti cambiamenti che portarono al trionfo del “Made in Italy”. Armani e Valentino, Ferrè e Versace, sono solo alcuni dei protagonisti di quel periodo che hanno contribuito a fare la moda italiana come la conosciamo oggi.

Gianfranco Ferrè, milanese, si laurea in Architettura al Politecnico di Milano per poi intraprendere la carriera di stilista. Dopo i primi successi e i viaggi in India, fonda la Gianfranco Ferrè s.p.a nel 1978 e diventa direttore creativo della maison Dior nel 1989. Il ritorno dell’alta moda in Italia si deve proprio a Gianfranco Ferrè. Fu lui infatti a debuttare a Roma nel 1986.

Ferrè può essere quindi definito “un bene culturale”, una radice che non possiamo tagliare. E il progetto Ferrè è un progetto continuo, non lontano dall’architettura, dal design, dall’arte. È una progettazione continua con una forte componente culturale.

Il lavoro di Ferrè è un lavoro di squadra, continuo. Vuole abitare il mondo attraverso l’architettura, il design, la moda, l’arte. Secondo lui, perciò, la ricerca del tessile doveva essere fatta in comune tra designer e chi si occupa di moda in senso generale. Possiamo quindi affermare che ogni progetto di Ferrè fosse multisensoriale.

Inoltre bisogna considerare che questa multisensorialità viene da persone come Sottsass e Ferrè che, insieme ad altri collaboratori e amici, hanno dato il via ad una ricerca in questo campo. Va considerato anche il fatto che non erano assolutamente taglie uniche: ciò è indicativo del fatto che il corpo non interessa. Era il corpo stesso ad essere la ricerca, non la taglia. Il loro motto era “bisogna essere curiosi”.

Fondamentale quindi concentrarsi sul disegno (“i disegni raccontano la storia meglio di quanto lo facciano le parole”) e il tessuto. Su questi due punti Ferrè si è concentrato in particolar modo durante i suoi viaggi in India tra il 1973 e il 1977. Questo viaggio è molto importante in quanto ha influenzato il suo pensiero in maniera piuttosto evidente .

Per capire effettivamente il pensiero dello stilista è utile leggere il libro “A un giovane stilista”. Scritto da Ferrè stesso, è una raccolta di lettere scritte a un fantomatico giovane che vuole diventare stilista a cui il noto stilista milanese svela i segreti del mestiere, ricordando esperienze personali, dall’infanzia fino al presente, descrivendo i suoi viaggi e il suo stile.

Da qui si può comprendere in pieno il suo pensiero riguardante il fatto che la moda sia un vero e proprio mondo, non solo un settore produttivo ed economico.

Articolo scritto per zest.today dalla fashion blogger Allegra Piccio di Art In High Heels

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