Expo – sizione della salma, l’Italia
di Riccardo Tronci
Conosciuta ai più è la storia della Torre Eiffel, costruita in due anni per l’Esposizione Universale di Parigi (Expo) del 1889. Negli anni successivi e fino al 1909 ha rischiato più volte la demolizione, complici le proteste dell’elite artistica della capitale francese, che se ad oggi si è certamente abituata al cosiddetto “Asparago di ferro”, non lo ha certamente mai amato. L’arte in genere, le dimostrazioni più alte dell’intelletto e delle conoscenze umane difficilmente vengono apprezzate dai contemporanei.
È il caso del nuovo Expo, quello 2015, quello targato Milano, Italia. Ammettiamo gli scivoloni, peraltro commessi da siti correlati e non ufficiali, che presentano il David di Michelangelo come quello di Donatello (solo un dettaglio, non erano forse entrambi fiorentini!?), ma non possiamo che ergerci a baluardi della libertà di espressione artistica per quel che riguarda le immagini che da due giorni circolano in rete, astratti renderings metafisici.
Siamo bravissimi nel definirci tutti “Charlie” davanti alle tragedie per poi correre armati di lapis e photoshop a contrastare il genio espressivo di uno studio grafico. L’unica considerazione, le uniche parole che vorremmo accostare a cotanta capacità espressiva sono: “very bello”.
Partiamo dall’immagine dell’inaugurazione. La tradizione del collage viene portata avanti senza remore e astraendo completamente le immagini dal contesto, senza cura di ritagliarne con precisione le sagome: finalmente i sapienti consigli di trasmissioni scientifiche come Artattack trovano in una sola opera il maggiore e migliore compendio. Partiamo dal gruppo che suona alla sinistra del cuoco asiatico. Si stanno esibendo davanti ad una capanna con un’insegna piccolissima che sembra cadere a momenti, la loro sagoma sembra essere una piramide. Un’immagine che vuole comunicare le origini “povere” della cultura, il difficile cammino “piramidale” dell’uomo per arrivare in alto. Così in alto da levitare sopra la folla. Come il gruppo stesso.
Le ballerine volutamente sproporzionate sulla destra rappresentano il presente, un “gigante” davanti al passato (rappresentato da vecchi palazzi seppiati malamente) che, pur ricordandolo, vuole coprirlo con un velo nero. Siamo davanti al funerale del passato: Expo ci lancia verso una nuova era. La stessa identificata dal cuoco in primo piano, che celebra la cultura culinaria tradizionale italiana, pur essendo asiatico. Perché Milano è la capitale dell’immigrazione asiatica in Italia, cosa che la rende una comunità aperta, civile, capace di offuscare le differenze esteriori tra le persone. Proprio per questo, ai lati del cuoco, le persone sono sfumate.
Importantissima l’animazione sulla sinistra. Il cerchio non è un hula hoop o qualcosa di simile perso dai giocolieri in primo piano, ma un semplice richiamo all’attenzione, cliccateci sopra e vedrete cosa accadrà. Niente. Niente. Perché una persona da sola non è niente, mentre la massa, insieme, può ribaltare le sorti del mondo.
In ultimo, la Milano ritratta nell’immagine è assolutamente futuristica, vediamo come i cambiamenti climatici abbiano influito sul contesto panoramico, facendo diventare la palma l’albero tipico del luogo. Expo non si vuole sottrarre alle domande del presente e promette di analizzare nel profondo i cambiamenti climatici, assieme alle scie chimiche, in questa immagine dal colorito aspetto di palme/fuochi d’artificio.
Passando in rassegna gli altri capolavori di questo geniale artista contemporaneo, Ai Weiwei italiano, capace di portare il seme della protesta all’interno della manifestazione stessa senza nemmeno bisogno di apparire e denunciare, trova nella gallery di immagini inoltrate dal sito di Expo un vero climax.
Il futuro è ricco, il futuro è prospero! Chi lo dice? Semplice, i ravanelli giganti che stanno cadendo dal soffitto verso cui tutti guardano! Ma non solo: questo sarà il secolo delle invenzioni alla portata di tutti, in cui l’ubiquità sarà normale (chiedete al ragazzo asiatico, seduto-nonseduto in due immagini): più diritti per tutti. Questo significa abbandonare quell’egoismo stupido che fa chiedere diritti di autore alle immagini, come dimostra la ragazza in rosa che sta scattando una foto in ben due immagini (con un bel tag di copyright in evidenza). Un mondo a nostra misura, finalmente, dove, se non esistono più le mezze stagioni, ci vestiremo come più ci aggrada, questo testimonia il singolare miscuglio di gente vestita per scalare l’Everest (vedi ragazza con tacco bianco anteriore) accanto a modelle in abito da passerella estiva.
Un collage semplicemente incredibile. Con i mezzi tecnologici e gli esperti disponibili oggi ovunque, sempre alla ricerca della perfezione, questo manifesto della perfettibilità ci colpisce emotivamente. Riporta l’uomo alla sua dimensione collettiva, comunica come senza unione sia impossibile concepire un cammino evolutivo. Avanziamo l’ipotesi di un nome dell’autore, o meglio, una immagine. Il giovane altero che guarda profondamente l’astante. Un cammeo e richiamo chiaramente rinascimentale.
N.B. Come nella migliore tradizione delle canzoni sataniche, questo articolo va letto all’incontrario. Se ancora non avete visitato la gallery di Expo originale, la trovate qui:
Foto 1 – assieme ai commenti di grafici (e non) sdegnati italiani. Tra le proposte per nuove grafiche più belle segnaliamo:
Foto 2 (dove l’immagine a sinistra è quella proposta)
Foto 3 (o I Griffin all’Expo)
Foto 4 (o il giudizio di Sgarbi)
Foto 5 (Totti all’Expo)