Duran Duran @ Assago Summer Arena: il racconto della nostra inviata
di Vanna Morgenstern
Coriandoli, coriandoli bianchi e rosa dappertutto sono quel che rimane, oltre alle emozioni, di una serata incredibile che i Duran Duran ci hanno regalato dal palco della Summer Arena di Assago. E lo dice una che, da ragazzina, voleva sposare Simon Le Bon, anche se lo tradiva, di tanto in tanto, nei sogni con John Taylor.
Non so quanti avrebbero scommesso sui Duran Duran negli anni ’80. Molti li consideravano solo una band di bellocci per ragazzini (soprattutto ragazzine!) sottovalutandoli dal punto di vista musicale. Ricordo che in Italia i giornali li chiamavano “I nuovi Beatles” (anche se i Duran Duran erano cinque e venivano da Birmingham), perché erano capaci di suscitare isteria collettiva tra i fan. Ora siamo cresciuti un po’ tutti e gli anni ’80 sono un gran bel ricordo ma loro sono ancora lì, a farci sognare, cantare e ballare con la loro musica, nonostante la formazione più volte rimaneggiata.
Eravamo proprio in tanti ad Assago, quinta ed ultima tappa del Paper Gods Tour italiano che ha toccato le città di Taormina, Roma, Verona e Firenze. Si sa, i Duran Duran sono molto amati nel nostro paese e la cosa è reciproca, infatti ogni serata è stata un successo.
Sin dal pomeriggio gente di tutte le età, ma soprattutto quarantenni, attendeva l’apertura dei cancelli in fila, in maniera ordinata, equipaggiata anche per la pioggia date le previsioni meteo. Nell’attesa si socializza, si chiacchiera di musica, ci si scambiano aneddoti. Molti indossano magliette ormai vintage di concerti passati dei DD che sono fonte di orgoglio sia per essere stati presenti all’evento in sé sia per la taglia che non è cambiata negli anni!
Una volta dentro constato con piacere le migliorie apportate all’area concerti estiva che mi aveva lasciata piuttosto scettica inizialmente, data la mia esperienza al Sonisphere 2015, ma questa è un’altra storia. Comunque è stato positivo aver posizionato il palco sul lato lungo dell’area.
Aprono la serata le Bloom Twins, due gemelle identiche nate in Ucraina ma ora residenti a Londra, con le loro melodie dark pop. Le affianca un batterista. Una debole pioggia inizia a cadere ma il pubblico sembra noncurante. All’improvviso qualche persona si gira, rivolgendo le spalle al palco, per scattare delle foto e allora mi chiedo cosa stia accadendo e noto, con stupore, un bellissimo arcobaleno. Anzi, sono due!
Dopo le gemelle, finalmente, con un’ovazione vengono accolti sul palco loro: Simon Le Bon (voce), John Taylor (basso), Nick Rhodes (tastiere), Roger Taylor (batteria), Dominic Brown (chitarra) e Simon Willescroft (sassofono) affiancati dalle bravissime coriste Erin Stevenson (new entry) ed Anna Ross, quest’ultima esplosiva sotto tutti i punti di vista (quando si è aperta il giacchino i maschietti hanno avuto un mancamento!).
Il pubblico impazzisce alle prime note di Paper Gods che apre il concerto e che dà il nome al tour. Le luci e lo schermo sul palco contribuiscono a rendere ancora più speciale questo evento collettivo. Vengono proiettati fuochi d’artificio, fiamme, paesaggi, un cielo stellato, una luna gigante.
L’impatto visivo è forte e questo ci ricorda anche la grande importanza che hanno avuto i videoclip nella storia dei Duran Duran. I due maxischermi ai lati del palco permettono, a chi è distante, di godersi meglio lo show. Seguono Wild Boys, Hungry Like The Wolf, A View To A Kill, Come Undone che Simon dice essere una canzone per gli amanti, per gli amanti della musica. Seguono Last Night In The City, What Are The Chances?, Notorious, Pressure Off con i suoi coriandoli.
Poi con Planet Earth la gente si scatena. Tutti cominciano a saltare e a ballare. L’atmosfera cambia quando sullo schermo compare il volto di David Bowie che sembra guardarci e tutti iniziamo spontaneamente a battere le mani in un applauso che speriamo arrivi fin lassù. Questo mentre Planet Earth sfuma per trasformarsi in Space Oddity in un tributo a Ziggy Stardust davvero commovente.
Durante il concerto Simon spesso interagisce col pubblico e fa anche una piccola gaffe. Dice: “Buonasera Milano. Buonasera Toscana! Ah, non siamo in Toscana? Ho sbagliato posto?” Qualcuno prova a digli che siamo in Lombardia ma lui non capisce perché c’è troppa confusione o perché il nome è troppo difficile e allora continua: “Facciamo così, buonasera Italia! Veniamo spesso in Italia, qui ci sono i fan più incredibili! Vi garantisco che questa sarà la notte migliore in assoluto! Grazie per essere in tour con noi”.
Ora, magari l’ha fatto apposta (concediamogli il beneficio del dubbio!), magari è il famoso humour Inglese a cui non siamo abituati. E’ incredibile, anche a distanza di più di trent’anni continuo a difendere Simon! Chiede anche dei cappelli in prestito al pubblico durante lo spettacolo. E’ una vera forza della natura nonostante non siamo più nei mitici anni ’80, ma questa notte è come se fossimo saliti tutti su una macchina del tempo (magari una bella DeLorean come in Ritorno al Futuro?).
La sua voce tiene per tutto lo spettacolo che prosegue con Ordinary World, I Don’t Want Your Love, White Lines, Sunrise che si fonde in New Moon On Monday, poi The Reflex e Girls On Film. Qui finirebbe il concerto ma, ovviamente, ci sono ancora due pezzi indimenticabili che i Duran Duran non possono non suonare: Save A Prayer, accompagnata da migliaia di lucine (una volta ci si ustionava le dita con gli accendini, ora basta usare la torcia del cellulare ma sono più poetiche le fiamme vere secondo me!) e Rio che sin dalle prime note ci teletrasporta su una barca a vela nel Mar dei Caraibi!
All’appello mancherebbero ancora altre meravigliose canzoni come The Chauffeur (avevano anche creato un evento su Facebook per cercare di convincere la band ad eseguirla a Milano), Carless Memories, Union Of The Snake, A Matter Of Feeling, Palomino, Do You Believe In Shame?… ma i successi della band britannica sono talmente tanti che necessiterebbero di ben più di due ore di spettacolo. E il repertorio è anche variegato se pensiamo che i Duran Duran nascono come band New Romantic ma nella loro carriera si sono evoluti abbracciando vari generi come il pop, il rock, il funk e restando sempre attuali.
In conclusione gli anni sono passati, è vero, e ormai gli ormoni hanno lasciato il posto alla razionalità (si spera) ed alla consapevolezza che i brani ascoltati durante il concerto costituiscono la colonna sonora dell’adolescenza di molti, e che si tratta davvero di belle canzoni di ormai ex Wild Boys ma di artisti maturi che hanno ancora molto da dire sul palco e poi… chi ha detto che gli uomini di mezza età non possano essere ancora affascinanti?