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Dipingere e scolpire senza paura. L’arte di Marta Gelsumini e Davide Tarabori

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marta gelsumini

di Riccardo Tronci

Non è un caso se tra i mille volti della rassegna Arts & Crafts di Pistoia, scavalcando i molti stand enogastronomici, le due proposte più interessanti si trovino all’interno dello spazio “giovani”. Se all’artigianato occorrono abilità ed esperienza, all’arte si devono piegare anche voglia di comunicare, fare, originalità e quel particolare slancio creativo di chi non ha paura di buttarsi nonostante la possibilità di sbagliare.

marta gelsumini

Marta Gelsumini, C’era una volta…Alice, legno e pastelli a cera.

Non è semplice fare arte oggi– ci dice Marta Gelsumini, pittrice costretta a far ruotare il proprio lavoro a 360 gradi, tra restauro di mobili in legno a produzione di opere su commissione, fino a serie personali- io ho cominciato dipingendo delle fiabe, sia perchè mi è venuto naturale, avendo una bambina di due anni, sia per l’intrinseco rapporto con il legno che una storia come quella di Pinocchio ha“. Il suo stile è innovativo e colpisce per la sottile tridimensionalità, si tratta di un’unione di pittura e intaglio. Il legno, base e supporto, viene intagliato con strumenti di precisione, le tinte dei pastelli a cera fanno il resto, amalgamando il soggetto e attenuando l’effetto bassorilievo. Il gioco di luce ottenuto è leggero e morbido, perfetto per narrare storie fantastiche, favole o descrivere personificazioni della natura.

Sono ispirata da tutto ciò che mi circonda, dipingo ciò che sto vivendo” continua Marta Gelsumini, e se ha ragione nel sostenere che non è semplice far capire tutto il processo che sta dietro ad una vera opera d’arte ad un cliente, specie quando si va a parlare di prezzi, è altrettanto vero che la sensibilità artistica viene immediatamente sollecitata dalle sue opere. La narrazione è fluida, ma l’occhio percepisce benissimo lo stacco dato dall’intaglio e si sofferma ad indagare là dove l’autrice vuole. Il colore è steso con maestria ed è capace di riportarci a una dimensione infantile, quasi onirica, dove la scoperta e la capacità di innamorarsi di tutto rapiscono e sconvolgono completamente il quotidiano.

marta gelsumini

Marta Gelsumini a lavoro

A pochi passi da Marta Gelsumini espone Davide Tarabori, in uno spazio decisamente piccolo per accogliere l’irruenza statica delle sue perfette composizioni in pietra. Tarabori è uno scultore proteso a “recuperare lavori (e valori ?) che stanno andando perduti“. Ha iniziato a scolpire a venti anni e nel corso del tempo ha maturato abilità ed esperienza in ogni singola fase del processo di scultura. Che si tratti di riproduzioni fedeli (come quella che campeggia al centro del suo stand, un Palazzo Vecchio in miniatura) o bassorilievi, colpisce la precisione, data da un “lavoro certosino. Non esistono ad oggi macchinari capaci di entrare così tanto nel dettaglio. Ogni pezzo è unico, irripetibile, e proprio per questo ogni lavoro richiede il suo tempo, che non è ipotizzabile all’inizio. Possono essere ore, come giorni“. Ore o giorni e la pietra di Firenzuola viene plasmata da piccoli tocchi di scalpello. “E’ necessaria una pietra di consistenza adatta– ci spiega– per curare i dettagli c’è bisogno di una pietra della massima compattezza, pregiata, una pietra serena ma extra dura. La pietra che uso solitamente viene da Firenzuola, Toscana, e per questo è anche coerente con ciò che rappresento e spesso con i luoghi in cui le mie opere verranno installate“.

Davide Tarabori, Palazzo Vecchio Firenze

Davide Tarabori, Palazzo Vecchio Firenze

Ma cosa si prova a dare vita ad un blocco di pietra, inanimato? “E’ una sorta di arricchimento. Da un qualcosa di morto si crea un’anima. La pietra smette di essere pietra, non si vede più che lo è, le persone talvolta non si rendono nemmeno conto del materiale, perchè non conoscono le possibilità  che esistono di renderla così viva“.

Dal bassorilievo raffigurante Pisa ed i monumenti di Campo dei Miracoli a una copia di una stele azteca, che verrà conservata al museo del calcio storico fiorentino. La stessa che, in basso, si confronta con il murales di Jonathan Calugi. La pietra e la tradizione, il mito azteco e il costume fiorentino adagiati nelle vicinanze di una lunga teoria di animali stilizzati. Un incontro perfetto. E non è un caso, nell’area riservata ai “giovani”.

 

 

 

 

davide tarabori

Davide Tarabori, Campo dei Miracoli, bassorilievo

davide tarabori

Davide Tarabori, copia di stele azteca

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