Bruce Springsteen, la magia di un concerto
di Vanna Morgenstern
Ho sentito dire più volte che, almeno una volta nella vita, bisognerebbe assistere ad un live di Bruce Springsteen e così, incuriosita, ne ho approfittato in occasione della seconda data milanese del concerto del The River Tour allo Stadio San Siro. Il Boss è di casa qui, infatti questo è il suo settimo concerto nel tempio del calcio.
C’è ancora la luce del giorno alle 20.25 quando Bruce Springsteen, preceduto dalla E Street Band, sale sul palco di uno stadio gremito dove si esibirà in una lunga maratona musicale che durerà più di tre ore e mezza. Fa da cornice, sia come apertura sia come chiusura del concerto, la splendida C’era una volta il West di Ennio Morricone. E’ singolare che sia proprio un italiano a traghettarci verso quelle sonorità tipicamente americane che il Boss e la sua band sapranno regalarci.
Ci sono due maxischermi ai lati ed uno sul palco; quest’ultimo è essenziale ma con due rampe laterali, come per abbracciare il pubblico, ed una scala davanti al palco suddivisa in tre scalette, due laterali ed una frontale. Può sembrare paradossale ma pur se lo stadio ospita circa 60.000 spettatori l’atmosfera è quasi intima e familiare. Non ci sono fronzoli, non ci sono effetti speciali. Le luci, man mano che scende la sera, assumono un ruolo sempre più importante durante lo show che è una pura celebrazione della musica dove il pubblico partecipa attivamente.
Ogni spettacolo è unico e c’è un ampio margine di improvvisazione. Bruce Springsteen, in splendida forma, con la sua voce potente e cristallina, a volte anche sussurrata, va incontro al suo pubblico, lo ascolta, lo coinvolge. C’è un’interazione continua. Legge i numerosissimi cartelli (ma quanti sono?) che i fan hanno preparato per richiedere qualche canzone in particolare, per esprimere apprezzamenti o semplicemente per dire che sono presenti.
Sinceramente non ho mai visto nulla di simile. C’è un rapporto empatico con gli spettatori talmente forte che il cantante continua a muoversi sul palco, percorre le passerelle, si immerge nella folla che lo acclama.Questa sera i fortunati a salire sul palco durante Dancing in the dark sono tre: una ragazza che si definisce la “hair sister” di Jake, un’altra ragazza che balla col Boss e poi gli lega con un nastro una specie di fiore bianco al polso (scena tipo ballo di fine anno) e un ragazzino che imbraccia una chitarra e duetta con Springsteen. Insomma, mi ha colpito il fatto che il pubblico per Springsteen non è una massa anonima ma sono persone.
Qui non c’è la rockstar che teme il contatto con la gente ma siamo in presenza di un’icona della musica che coinvolge tutti in una grande festa collettiva. Ogni singola persona entra a far parte dello show. La parte conclusiva del concerto si svolge, infatti, con tutte le luci accese che creano un’illuminazione a giorno perché lo spettacolo non è solo sul palco ma anche nel parterre, sugli spalti, insomma, ovunque! Lui è, dall’inizio alla fine, davvero instancabile e lo standard delle sue esibizioni è sempre altissimo, nonostante i suoi 66 anni! Non vi sono soste, è tutto un One, Two,Three, Four e si attacca col pezzo successivo. Si rinfresca direttamente sul palco versandosi addosso dell’acqua che poi assorbe con una grossa spugna.
Il repertorio musicale proposto è vasto e ripercorre l’intera carriera dell’artista americano originario del New Jersey includendo anche alcune cover. Con l’alternarsi delle canzoni l’atmosfera cambia a causa dei cambi di tempo e di ritmo. A volte è raccolta ed intima, a volte manca poco che venga giù lo stadio talmente si balla e si canta!
La scaletta cambia ad ogni concerto anche perché arrivano le richieste del pubblico che il Boss cerca di accontentare. Quella del concerto del 5 Luglio è la seguente (rispetto al concerto di domenica scorsa, sempre a Milano, vengono riproposte solo 17 canzoni):
Meet me in the city
Prove it all night
Roulette
The ties that bind
Sherry darling
Spirit in the night
Rosalita
Fire
Something in the night
Hungry heart
Out in the street
Mary’s place
Death to my hometown
The river
Racing in the street
Cadillac ranch
The promised land
I’m a rocker
Lonesome day
Darlington country
The price you pay
Because the night
Streets of fire
The rising
Badlands
BIS:
Backstreets
Born to run
Seven nights to rock
Dancing in the dark
Tenth Avenue freeze-out
Shout
Bobby Jean
BIS 2:
This hard land
Personalmente mi è dispiaciuto non ascoltare la celeberrima Born in the U.S.A. ma, come dicevo prima, ogni concerto è una sorpresa.Bravissimo lui, bravissimi i musicisti, in particolare, molto acclamati, Steven Van Zandt detto Little Steven (chitarra) e Jake Clemons (sassofono).
Verso la fine dello spettacolo vi è anche lo spazio per un simpatico sketch: Springsteen finge di avere un malore al termine di Shout. Accorrono due barellieri (uno dei questi è Claudio Trotta, il promoter di Bruce) che cercano di portarlo via mentre lui continua a suonare sdraiato sulla barella. Poi si rialza e va avanti a suonare e cantare. In questa gag mi ricorda vagamente l’uscita di scena di James Brown durante Please Please Please.
Si congeda solo Bruce Springsteen, o meglio la sua voce – accompagnata unicamente da armonica e chitarra – saluta il suo pubblico con un pezzo incantevole This hard land.
Così si conclude un’altra serata di grande rock a Milano col secondo trionfale concerto di Bruce Springsteen, non per niente chiamato The Boss, artista incredibile che ha fatto delle sue esibizioni live la sua arma vincente. Uno show tecnicamente perfetto ma anche una grande espressione di festa e di gioia.