Andrea Tidona, il Nastro d’Argento per ‘La Meglio Gioventù’si racconta
Presto in tv in 'Braccialetti Rossi', 'Ragion di Stato' e al cinema con Marco Bocci nel film 'Italo'
di Irene Tempestini
Un attore in continua evoluzione, interprete di una serie infinita di personaggi, dal vescovo al carabiniere, dal magistrato al mafioso, questo è il camaleontico Andrea Tidona, siciliano di Ragusa, il cui volto e la cui voce, sono tanto familiari quanto i film a cui ha preso parte, entrati di diritto nella storia del cinema e della televisione italiana.
Una carriera nutrita, iniziata a teatro, dopo gli studi all’Accademia dei Filodrammatici di Milano, e proseguita con una serie di successi cinematografici indimenticabili, tra cui ‘La Vita è Bella’ di Roberto Benigni,‘I Cento Passi’ e ‘La Meglio Gioventù’ di Marco Tullio Giordana. Ed è proprio grazie alla splendida prova ne ‘La Meglio Gioventù’ che Tidona ha vinto il Nastro d’Argento, importante riconoscimento al suo talento.
Ma sono molti anche i ruoli interpretati da Tidona per la televisione, ad esempio ne ‘Il Maresciallo Rocca’, ‘La Squadra’, ‘La Piovra 9’, ‘Il Commissario Montalbano’, ‘Distretto di Polizia’, ‘Borsellino’, ‘Alcide De Gasperi’, ‘Nassirya’, ‘Il capo dei capi’, per citarne alcuni.
E sul piccolo schermo lo vedremo nuovamente dal 12 gennaio su Rai Uno nella spy-story di Marco Pontecorvo, ‘Ragion di Stato’, dove interpreterà un comandante dei servizi segreti italiani in Afghanistan, alle prese con il terrorismo internazionale, tra attentati, rapimenti e ingerenze della CIA. Dal 15 febbraio sarà ancora uno dei medici nella serie ‘Braccialetti Rossi’, sempre su Rai Uno. Dal 15 gennaio sarà anche al cinema in ‘Italo’ di Alessia Scarso, insieme a Marco Bocci e Barbara Tabita.
Lo abbiamo raggiunto sul set de ‘Il Giovane Montalbano 2‘, in cui è ancora Carmine Fazio, l’agente esperto che aiuta il commissario ad integrarsi nella nuova squadra. Con disponibilità e cortesia ha risposto alle nostre domande.
Studio – gavetta – successo. La sua storia artistica dimostra quanto sia importante prepararsi bene e non bruciare le tappe. E’ contento del suo percorso o avrebbe preferito il meno poetico, ma tanto più semplice, ” tutto e subito”?
No! Il tutto e subito non mi ha mai interessato in nessun campo e in nessuna occasione, a maggior ragione nel mio lavoro, in questo lavoro. Ho troppa coscienza che il mio è un mestiere, e quindi la “bottega” è fondamentale. Non ci si inventa niente e soprattutto è bello scoprire qual è il “metodo” che più ti si confà, che cosa ami di più, cosa ti dà la gioia maggiore nel farlo. E inoltre, a sapersi veramente ascoltare, questo percorso diventa un percorso di vita.
Il suo curriculum artistico è enorme, ha preso parte ai maggiori successi cinematografici e televisivi, cari al pubblico e alla critica. A quali personaggi è maggiormente legato e perché?
Tutti i personaggi sono dei “figli” e quindi, come tali, davvero molto amati, d’altra parte se così non fosse non si potrebbero recitare. Ma certo qualcuno a cui comunque umanamente o professionalmente sono più legato c’è. In particolare Stefano Venuti de “I cento passi” perché professionalmente mi ha fatto scoprire il cinema. Prima di allora io pensavo che recitare fosse sinonimo di teatro e che il resto fosse surrogato. Quel personaggio, sotto la guida di M.T. Giordana, mi ha fatto capire che recitare davanti alla macchina da presa può essere esaltante, in modo diverso che in teatro, ma esaltante. Un altro personaggio è Giovanni Falcone de “Il capo dei capi”, per l’onore, la responsabilità e perchè ho da sempre condiviso quello che pensava Falcone della mafia, della Sicilia e dei siciliani. Perciò era per me un tributo a lui, un ribadire il suo pensiero e dire che, sì, i siciliani hanno una mentalità mafiosa, ma altri siciliani sono pronti a tutto per cambiare quella mentalità.
Si sente più a suo agio nell’interpretare la parte del buono o del cattivo?
Indubbiamente in certi personaggi “buoni” mi trovo a mio agio, per quanto il rischio di essere “troppo buono”, cioè di diventare melenso, sia sempre in agguato, e quindi bisogna stare molto attenti. I “cattivi” però mi divertono molto, e anche questo diventa un modo di sentirsi a proprio agio.
Il 2015 sarà per lei un anno importante: la vedremo al cinema nel film “Italo” di Alessia Scarso, in tv con la fortunatissima serie
“Braccialetti Rossi”, ma prima ancora nella spy-story di Marco
Pontecorvo dal titolo “Ragion di Stato”. E’ vero che per quest’ultima, si è cimentato anche in scene d’azione piuttosto rocambolesche?
Diciamo…piuttosto movimentate. Per me, spesso “costretto” a recitare dietro una scrivania in giacca e cravatta, è stato divertente, perché la parte di film che mi riguarda è un vero e proprio “action movie”. Anzi, diciamo che quello che mi ha fatto decidere di accettare il ruolo è stato proprio questo aspetto. Inseguimenti, sparatorie, situazioni in cui il “bambino” che muove sempre l’attore si esalta davvero.
Abbiamo citato “Braccialetti Rossi”, nel quale veste i panni del
Dottor Alfredi. La puntata che l’ha vista, nella prima serie,
protagonista del disperato tentativo di salvare la vita al “bello” del gruppo dei giovani pazienti, ha commosso l’Italia. Come si è preparato all’interpretazione di una scena così complicata (la sala operatoria, l’intervento chirurgico) e drammatica?
Onestamente nessuna preparazione speciale. Perché in fondo la sala operatoria mi ha riguardato molto poco. La vera drammaticità stava nel difficile rapporto con un paziente così giovane a cui dire la verità circa la sua malattia, cioè sulla pericolosità e i rischi che correva. E lì, come dicevo prima, il rischio di diventare melensi è davvero in agguato. Devi prepararti cercando la semplicità assoluta.
Lo ha dichiarato lei stesso che la sua passione più grande è
mascherarsi e recitare. Ma c’è un ruolo, cinematografico o teatrale, che non ha mai interpretato e che vorrebbe le venisse affidato?
Tornando alle “giacche e cravatte” di cui parlavo prima, vorrei che mi offrissero un personaggio totalmente all’opposto, che so, un barbone, un reietto, qualcosa che mi portasse ad ambienti e panni completamente diversi, a scandagliare un’altra umanità.
Parallelamente alla carriera di attore, sta portando avanti quella di doppiatore. C’è una qualche probabilità di trovarla, un giorno, anche dietro la macchina da presa?
No, non credo. Certo mai dire mai, ma non si confà al mio carattere. Io non ho la tempra del capo, non saprei guidare la “ciurma” come vedo fare in genere. Forse in un altro modo… Ma sentirei l’esigenza di creare un gruppo di lavoro molto particolare. Credo che ci vorrebbe tanto, troppo tempo, considerando i ritmi vorticosi con cui si lavora di solito.
Prima di salutarla, quali sono i suoi propositi per l’anno appena iniziato?
In questo momento, fra le altre cose, quello che più mi interessa è riuscire a trovare un testo teatrale bello, forte, magari comico, meglio se grottesco, e un gruppo di compagni in grande sintonia, con cui lavorare con passione.