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Alberto Burri, cosa resta del suo “Fuoco Nero”

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Alberto Burri fotografato mentre realizza Cellotex. Foto di Aurelio Amendola

di Redazione

Capire cosa resta dell’insegnamento di Alberto Burri, è questa la mission della mostra “Fuoco nero: materia e struttura attorno e dopo Burri”, allestita dal 21 dicembre al 29 marzo nel Salone delle Scuderie del Palazzo della Pilotta a Parma.In mostra circa 170 opere di artisti contemporanei quali Paladino, Nunzio, William Xerra.

La rassegna mette a confronto la ben nota sequenza di Aurelio Amendola che fotografa Burri mentre crea una Plastica col fuoco con il grande “Cellotex” di Alberto Burri, appunto nero, punto di partenza della mostra. Lo Csac dell’università di Parma ha infatti ricevuto in dono, circa 40 anni fa, questo importante capolavoro realizzato da Burri nel 1975.

Attorno all’opera dell’ateneo parmense, in occasione anche dell’approssimarsi del centenario della nascita dell’artista umbro (1915-1995), gli organizzatori hanno pensato di chiedere a significativi pittori, scultori, fotografi, giovani e meno giovani, almeno un’opera che essi pensassero comunque collegata o riferibile alla ricerca di Alberto Burri. L’idea era anche quella di chiedersi, oggi, che cosa è vivo, che cosa resta, nella memoria dell’arte, del grande maestro scomparso.

Era inoltre importante provare a definire, sia pure solo per cenni, il significato dell’opera di Burri all’estero, documentato nel percorso espositivo del Palazzo da un pezzo di Joe Tilson e, a contrappunto, un grande collage di Louise Nevelson (legato alla ricerca americana degli anni ’50) e quelli di Nancy Martin. Significativa in mostra anche la presenza della fotografia. Oltre alla sequenza di Amendola, ecco il gruppo di pirogrammi degli anni ’50 di Nino Migliori, mentre di Mimmo Jodice è presente un importante “muro”.

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