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Intervista – The Moon Train Stop, tra rock ed elettronica

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The Moon Train Stop cover EP

 

di Irene Tempestini

 

 

The Moon Train Stop… magari fosse possibile salire su un qualsiasi mezzo e scendere alla fermata della Luna, per capire quanto sia vasto l’universo che ci ospita e guardare una volta tanto  il genere umano, spesso colpito dal virus dell’onnipotenza, da un’altra prospettiva. Ci è piaciuto subito il nome di questa band piemontese e la curiosità si sa, è alla base del giornalismo (stupido negarlo), quindi dall’attrazione iniziale per il moniker, ci siamo spinti oltre e abbiamo deciso di ascoltare la loro musica e conoscerli meglio.

I The Moon Train Stop sono un trio formato da Paul Pellegrino (voce/tastiere), Simone Montenegro (chitarre/cori), Paolo Basso (batteria). Il progetto nasce nel 2014 su iniziativa di Simone Montenegro e Paolo Basso, già membri e fondatori
del duo strumentale “Il Codice Blu” con il quale pubblicano nel 2011 l’album “Km0” per la New Model Label di Ferrara. L’incontro con Paul Pellegrino (ex cantante dei Minus Four) porterà alla formazione definitiva e attuale, le cui influenze spaziano dal rock al pop, dalla psichedelia all’ elettronica. A fine aprile 2015 registrano il loro primo EP omonimo,
registrato interamente in analogico.

 

Ciao ragazzi, potete spiegarci da cosa deriva la scelta del nome della band?

E’ sempre impegnativo dare un nome ad una band, cercavamo qualcosa che
rappresentasse a pieno le atmosfere che creiamo con la nostra musica,
ma al tempo stesso che racchiudesse anche qualcosa di noi. L’incipit
venne dal libro di Cesare Pavese, La luna e i falò. Ci piaceva
l’immagine che il titolo suscitava associata alla nostra
musica…mentre la fermata del treno racchiude in sé le nostre
abitudini prima delle prove, in cui tutti i weekend Paul e Paolo vanno
a prendere Simone alla stazione e lo riaccompagnano una volta finito.
Abbiamo unito le cose ed è uscito The Moon Train Stop.

 

Quali sono le vostre influenze musicali?

Dunque, tutti e tre spaziamo largamente in quanto a gusti, partendo
dalla classica, attraversando il pop anche più “commerciale”,
schiantandoci contro muri psichedelici e sperimentali degli anni 60/70
per poi sconfinare nell’elettronica più moderna. Pare che l’unica cosa
che non ascoltiamo (sia ben chiaro: per nostra chiusura mentale) sia
il neo-melodico napoletano e simili. Questo ci accomuna!

 

Cos’è d’ispirazione per le vostre canzoni? E come nascono le vostre canzoni?

Alcuni sostengono che l’ispirazione non esista, altri l’esatto
opposto. Semplicemente il tutto nasce dalle sensazioni che abbiamo
nell’attimo stesso in cui le componiamo. Così come i testi sono frutto
delle sensazioni che esprime quella musica, una traduzione delle
melodie in concetti e parole. Poi ogni brano va da se, alcuni vengono
composti in poco tempo, altri hanno una fase di gestazione più lunga e
di ripensamenti successivi. Anche una semplice azione quotidiana puo
rientrare dentro. E’ una questione strana insomma.

 

A cosa si deve la scelta di registrare direttamente in analogico?

Nonostante possa sembrare strano, ora l’analogico sta vivendo una
nuova fase di riscoperta. Passata la rivoluzione del digitale a cui
abbiamo affidato registrazioni passate di altri progetti, ci piaceva
provare a cimentarci in una realtà diversa. Registrando in analogico
non è possibile editare o sostituire parti registrate. Le riprese sono
avvenute in presa diretta, e ogni brano è stato suonato dall’inizio
alla fine, il che vuol dire che se qualcuno sbaglia bisogna ripetere
tutto da capo. Aggiungo che il calore dell’analogico e il suono che la
bobina dà alle riprese è molto caratteristico e riconoscibile, e
difficilmente lo si può ottenere in digitale; se si ascolta
attentamente, si può sentire un cuore che batte e polmoni che
respirano. L’incisione risulta viva!

 

L’art work è molto bello, come è nata la decisione di scegliere un
dipinto di Aleksander Velišček?

Conobbi Sandro Pignotti, – a rispondere è Paolo il batterista – il gallerista di Aleksander Velišček a Verona
lo scorso anno, in una fiera d’arte, ricordo benissimo il momento in
cui vidi il quadro di Velišček su Joseph Beuys, ne fui stregato,
insieme a tutto il suo lavoro.
Succesivamente rividi mesi dopo Sandro per puro caso ad Artissima, e
un altro dipinto di Aleksander alla mostra Shit and Die sempre a
Torino. Al momento di scegliere l’art work non ebbi dubbi, proposi la
cosa a Sandro e Aurora Fonda, e ad Aleksander ovviamente. Accettarono
tutti di buon grado, e ne fui felice. L’unica cosa che mi dispiace è
che non riesco a farmi vendere il quadro. Ma ci lavorerò su.

Riascoltando l’EP, cambiereste qualcosa?

Leggendo la domanda ad uno di noi è venuto in mente una frase che
lesse tempo fa nella prefazione che scrisse Giovanni Raboni
licenziando la sua quarta edizione di traduzioni dei Fiori del Male di
Baudelaire, lavoro che portò avanti per 25 anni… Più o meno scriveva
così: “credo concluso il mio lavoro di traduttore in un punto
ipotetico posto al di là del tempo”…Piu o meno la risposta è questa,
ogni volta che metti la parola fine al tuo lavoro e lo fermi,
inevitabilmente congeli l’istante, sicuramente se dovessimo
registrarlo nuovamente qualcosa cambierebbe, come il tempo che passa e
trasforma la tua percezione del mondo e il tuo essere umano. I brani
sono frutto di un lavoro durato più o meno sei mesi…Forse li
componessimo ora, ripartendo da zero, probabilmente qualcosa di
diverso ci sarebbe.
Detto cio comunque il risultato ha superato notevolmente le nostre
aspettative. E di questo siamo soddisfatti.

 

Da 1 a 100 quanto vi piace sperimentare?

50, le strutture ripercorrono la forma canzone classica, ed è
innegabile che qualche richiamo a qualche band ci sia, cerchiamo di
mescolare vari generi e stili distorcendoli e mascherandoli a nostro
piacimento al fine di creare qualcosa di “non astratto” e se ci
riusciamo al contempo nuovo e “diverso”.

 

Dove vogliono arrivare i The Moon Train Stop?

Innanzitutto facciamo musica perchè ognuno di noi non potrebbe farne
a meno, abbiamo esperienze e percorsi formativi differenti. Cerchiamo
di portare avanti questo progetto con tutta la passione e la volontà
che possiamo. Di solito è pericoloso farsi aspettative troppo elevate
ma è chiaro che ci piacerebbe fare arrivare la nostra musica il più
lontano possibile e soprattutto che venga apprezzata. Poi un giro
sulla luna non sarebbe male.

 

Prossimi live?

Il progetto è ancora in fase di assestamento, l’obiettivo era
licenziare una demo. Non neghiamo che la voglia di suonare ci sia, e
anche tanta. Stiamo ultimando una scaletta che contiene circa 10
brani. Intanto per chi fosse interessato può seguirci sulla nostra
pagina Facebook

 

Se vi dessero per un giorno una bacchetta magica, cosa cambiereste del sistema musicale italiano?

A dire il vero per cambiare una cosa dovresti conoscerla
ed esserci dentro, la nostra realtà è quella di una neo-band formata
da circa un anno, non siamo completamente dentro il sistema per poter
dire di cambiare; sinceramente, se proprio volessimo cambiare qualcosa
rimodelleremo il download illegale e i diritti d’autore. Abbiamo visto
nascere questo fenomeno dal suo inizio, da Napster in poi, sembrava
dovesse essere una cosa molto positiva, ma in realtà ha fatto chiudere
centinaia di etichette. Si pensava di togliere
così il potere delle major e portare tutto ad un livello più
democratico, con il risultato che oggi si percepisce la musica come
una cosa gratis e dovuta, e questo è completamente sbagliato a nostro
parere.

 

La domanda di rito di ZestToday… a quale artista (escludendo
Velišček), pittore, scultore, regista, scrittore, poeta…accostereste
la musica dei The Moon Train Stop?

Dare una riposta a riguardo è molto difficile, ci piace associare la
nostra musica a ipotetici quadri, film o frammenti di immagini nella
nostra testa, ma a quali artisti in particolare non saprei, a tutti gli
artisti che credono in ciò che fanno. Agli artisti che non sono mai
emersi per eccesso di umiltà. Agli Artisti cui non è stata data una
possibilità nonostante l’evidente talento. Difficile dare un nome in
particolare, ma potremmo ironicamente racchiudere la categoria nei
“Bukowskiani”!

 

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