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Recensione – Nuju, Urban Box: musica in scatola a lunga conservazione

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Nuju, foto-Alessio-Pizzicannella

 

di Riccardo Tronci

 

 

Un suono urbano, esce dalle viscere dei sotterranei e si invola tra piccole e strette vie acciottolate, trovando sicurezza e forza, proprio come fa il vento. Davanti ai palazzi più alti si inarca, ma non stenta e non smette di raccontare. Alza il volume, forse, e sposta verso destra la manopola della distorsione.

Arriva il nuovo album dei NUJU, in cui la coerenza di un filone sonoro fa da padrone, difficile possano esserci ripensamenti, per pescare le parole di “Luna Piena”, in un suono così armonico ed amalgamato, capace di raccogliere attorno al proprio vivo fuoco suoni da garage band e reggae, chitarra limpida come da copione delle più autentiche telecaster del folk dylaniano e suoni elettronici, quasi donati da un Bugo in stato di grazia, per una voce ruvida e potente, genuina.

Il quarto (o secondo, a sentire le voci degli autori) album dei NUJU è forse il primo a tradurre con perfezione gli intenti del gruppo in suono, creando un percorso unico, schiettamente italiano, ma proiettato musicalmente verso palcoscenici anche internazionali. Bologna, da sempre città del folk, dei locali in cui dopo la cena a base di pasta fresca si ribaltano i tavoli e si balla il liscio o qualcosa di lento per puro spirito di divertimento, si conferma città della musica a 360 gradi, lanciando in tutta la penisola una band che ha le carte in regola per affermarsi e scrivere la propria parte nella storia della musica italiana.

Lasciamo stare le etichette, indie, rock, pop, mettiamo da parte la voglia di classificare prima ancora di ascoltare, perché l’intento dichiarato del gruppo è quello di comunicare ed arrivare a più persone possibile. Per quanto il nome NUJU in dialetto calabrese significhi “Nessuno”.

Ci raccontano delle prime esibizioni insieme, di quando un presentatore, forse colto da incertezza, li chiamò sul palco al suono di “NEW!”, fino ai concerti affollati, ad esempio come l’apertura a Ligabue, davanti a 150.000 persone. Ma sempre con la stessa voglia di suonare e dare il meglio in qualsiasi occasione e concerto, confermata punto per punto a Bergamo in un concerto intimo per appena dieci persone, visto che la folla era alla celebrazione nazionale del corpo degli Alpini. Per questo chi li conosce sa benissimo come sappiano dal vivo far ballare e cantare ininterrottamente fiumi di persone e piazze stracolme.

L’uscita del disco, criticato da alcuni per la “pochezza dei testi”, è stato anticipato dal singolo “Tempi Moderni” di cui è uscito anche un videoclip. Se è vero che i testi sono semplici e non nascondono complicate ed intrecciate metafore, è altrettanto vero che l’idea è proprio quella di dimostrare la socialità dell’uomo, comunicare in modo semplice ed unire, parlare della quotidianità e della vita odierna.

Lavoro e amore, ad esempio, da alcuni “grandi” giornali considerati temi commerciali di cui non dover mai parlare, sono e resteranno sempre pensieri fissi di tutti, dalle mille spigolature, di cui sarà possibile parlare in mille differenti maniere ed occasioni. I NUJU parlano di ciò che li circonda, di ciò che il tempo ha lasciato sulle loro mani, una genuinità che, da sola, varrebbe appena la stima, ma che assieme ad un ottimo contesto musicale vale un ottimo giudizio su questo album.

Siamo chiusi in “scatole urbane” e parlare di ciò che siamo realmente, contrapponendosi alla finzione televisiva, ai reality e all’ipocrisia degli show che vogliono assomigliare alla vita, è semplicemente un atto di resistenza. Un mondo dove si possa ancora regalare una cena a lume di candela, un episodio in cui sia la penombra a nascondere l’imbarazzo e non mille orpelli o schermi digitali. Per cui, voi che siete arrivati fino in fondo a questo articolo, voi che lo avete letto con gioia, che avete centellinato ogni singola frase, magari stasera, regalate una cena a lume di candela.

Dedicate il sottofondo a Urban Box e lasciate che sia la Luna Piena a entusiasmarvi, magari a cogliervi disorientati. Quando vi ritroverete ad ascoltare una delle ultime tracce, “Monociclo Rosso”, saprete che è il momento della malinconia, il sentimento forse più nobile, che attanaglia i pensieri e ci rende umani. Il domani dipenderà solo da voi. Dalla vostra voglia di rimanere chiusi nella scatola, a contemplare un mondo che non esiste, fermi e bloccati dalla paura che la vita vera, le emozioni vere possano fare male.

Ebbene la vita fa male. Ebbene la vita non smetterà mai di fare male, ma averne paura non cambierà il vostro destino. Forse, il solo modo per sottrarsi a tutto questo è uscire dalla scatola, romperla in mille pezzi, salire con foga sul proprio monociclo rosso ed unirsi al ballo. Provare.

 

Nuju , “Urban Box”, MK Records (Calabria) / Audioglobe

  • Regalaminuju urban box cover
  • Luna Piena
  • Tempi Moderni
  • Caffè
  • Ora di Punta
  • Cani Malati
  • Mi sono perso
  • Prigioniero
  • Le distanze
  • Mondo di plastica
  • Monociclo Rosso

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