“Autoritratto in azzurro” donato agli Uffizi
di Redazione
Un nuovo dipinto si è aggiunto alla Collezione dei Ritratti d’artista della Galleria degli Uffizi. Si tratta dell’autoritratto della pittrice Marisa Mori (nata Maria Lutini) dal titolo Autoritratto in azzurro, realizzato intorno al 1929. A donare l’opera il figlio della pittrice, Franco Mori.
Marisa Mori
(Firenze 1900 – 1985)
Autoritratto in azzurro (recto) / Paesaggio (verso)
1929 / ante 1929
Olio su tavola, cm 69 x 49,5
Con cornice
L’artista
Marisa Mori, erede per parte materna dello scultore Gian Lorenzo Bernini, iniziata alla pittura su suggerimento dello scultore Leonardo Bistolfi, si formò a Torino presso la scuola di Felice Casorati, seguendo i suoi corsi dal 1925 al 1931 fino a diventarne assistente.
Dopo aver partecipato alle mostre torinesi e milanesi dedicate al circolo casoratiano e ad aver esposto alla XVII Biennale di Venezia (1930), si avvicinò ai futuristi liguri-piemontesi della seconda generazione, tra cui Enrico Paulucci, Tullio d’Albisola e Fillia. Attiva nel contesto artistico avanguardistico promosso dal regime fascista, aggiornò il suo registro tematico interessandosi al mito della radio e si dedicò alla fotografia e a progetti scenografici. In seguito a partecipazioni alle mostre futuriste di scenotecnica, tra cui la prima Mostra futurista alla Galleria Bardi di Roma (1933) in cui vinse la medaglia d’argento, tenne la prima personale nel 1934 allo spazio Bragaglia fuori commercio.
La proclamazione delle leggi razziali la indusse a chiudere ogni rapporto con l’avanguardismo futurista, di cui era diventata una singolare esponente dell’areopittura, e a recuperare la figurazione classicista appresa da Casorati. Presente a diverse biennali, quadriennali, mostre di arte femminile, concorsi di pittura estemporanea e ad esposizioni internazionali, si allontanò lentamente dalla scena artistica durante gli anni Cinquanta del secolo scorso.
Il dipinto, Autoritratto in azzurro, è stato eseguito nel 1929 e testimonia, pertanto, l’influenza formale e poetica di Casorati, nella figurazione classicista e nella stesura piatta di colori tenui. Esposto nello stesso anno di realizzazione alla milanese Galleria Milano in una collettiva dedicata a Casorati, esso assume, inoltre, duplice valore considerando il verso, su cui compare un paesaggio, composto di piccoli edifici in riva a un fiume, databile agli stessi anni per ragioni stilistiche.