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di Silvia Valenti

 

“Omaggio ad AGC Associazione Gioiello Contemporaneo”

45a Mostra dell’Artigianato Artistico Abruzzese

Guardiagrele 1 – 20 agosto 2015

16° Concorso Biennale Nazionale di Arte Orafa

“Nicola da Guardiagrele”

 

L’arte orafa italiana vanta un’illustre memoria, che non deve, però, essere percepita come un ostacolo alla comprensione del suo continuo evolversi.

Fedele a questo concetto, Roberta Pavone – nota orafa pescarese e socia AGC – si è attivata per creare il contato tra l’Associazione e l’Ente promotore. E’ nata, così, la mostra “Omaggio ad AGC” che vede protagonisti 26 dei suoi autori.

Quest’ iniziativa, dunque, coniugando due realtà apparentemente lontane – l’oreficeria tradizionale e quella di ricerca -, getta le basi di future e fattive collaborazioni.

Il 31 luglio alle ore 17.00 a Guardiagrele, presso il Palazzo dell’Artigianato in Via Roma, 28 – (66016 Guardiagrele, Chieti), si è inaugurata la prestigiosa collettiva.

Questi gli autori selezionati:

Luisa Chiandotto – Nicoletta Dal Vera – Clara Del Papa – Elisabetta Duprè – Laura Forte – Maria Rosa Franzin – Francesca Gazzi – Eleonora Ghilardi – Simonetta Giacometti – Gigi Mariani – Simona Materi – Francesca Mo – Eliana Negroni – Clizia Ornato – Alessandra Pasini – Roberta Pavone – Daniela Repetto – Carla Riccoboni -Roberta Risolo – Stefano Rossi – Maurizio Stagni – Simonetta Starrabba – Yoko Takirai – Camilla Teglio – Barbara Uderzo – Silvia Valenti.

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dialoghi istituto culturale italiano a tokyo

 

 

di Silvia Valenti

 

Spesso si cerca uno strumento adatto a comunicare con chi ha un codice linguistico diverso. Così, viene spontaneo usare le mani muovendole in gesti riconoscibili.

Se si è orafi, l’espressione gestuale può prendere forma. Le mani di chi crea parlano. Abbattono le barriere. Gettano ponti.

Questo è DIALOGHI.

Il progetto, frutto di anni di lavoro tra i direttivi di AGC (Associazione Gioiello Contemporaneo) e JJDA (Japan Jewellery Designers Association), lega due realtà apparentemente lontane – la giapponese e l’italiana – attraverso l’arte e il gioiello contemporaneo.

40 autori italiani (membri di AGC) e 40 autori giapponesi (membri di JJDA) sono stati selezionati e gemellati per produrre due pezzi ciascuno che si ispirassero alla cultura del proprio collega straniero. Gli autori si sono conosciuti, confrontati e si sono scambiati immagini d’arte della nazione di provenienza. Dopo i necessari approfondimenti si è avviato il processo creativo che culminerà in una serie di eventi espositivi tra Italia e Giappone. Questi dunque, sveleranno gli originali binomi e le fonti di ispirazione. Alla fine del percorso uno dei due oggetti rimarrà in dono al partner, come a sottolineare l’ideale intrecciarsi di un intimo legame.

Il 3 luglio 2015, presso l’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo, si inaugurerà DIALOGHI. La mostra rimarrà aperta sino all’11 luglio. Il Museo del Gioiello di Kofu la ospiterà dal 19 al 28 settembre 2015; a ottobre ci sarà la prima tappa italiana al Museo d’Arte Orientale di Roma; nel 2016 i lavori si sposteranno tra il Museo del Bijou di Casalmaggiore (CR), il Museo del Mediterraneo di Livorno e la Fondazione Cominelli di Cisano di San Felice (BS). L’itinerario si chiuderà nel 2016 a Padova nella prestigiosa cornice dell’ Oratorio di San Rocco.

Questi gli autori selezionati:

Giappone:

FUJIMOTO Nahoko, HATANAKA Noriko, HIRAKAWA Fumie, IINO Kimiko, ITO Satomi, KASHIHARA Erina, KIYOTA Tomoaki, KIUCHI Norihiro, KOBARI Keiko, KOBAYAKAWA Mariko, KOJIMA Takashi, MATSUURA Mineri, MISHIMA Itto, NAKAHARA Eiko, NAKAJIMA Nagi, NARUMI Taeko, OSHIMA Yayoi, SATO Yoko, SHIGETA Emiko, SHIRAO Yumi, SUGA Mario, SUMA Fumie, TAGUCHI Fumiki, TAKAGI Chisa, TAKANAKA Harumi, TANEZAWA Setsuko, TSUBOI Keiko, UCHIDA Yoshiko, UNNO Eriko, WASHIMI Nobuko, YAMAZAKI Sumiko, YASUGI Mayumi, YUKI Makiko, HIEDA Makoto, HIRAKO Koichi, KITADA Michie, KOMIYA Takako, NAGAI Yutaka, NISHIWAKI Nobuko, SAWAMOTO Masako.

Italia:

Francesca ANTONELLO, Adrean BLOOMARD, Roberta BERNABEI, Patrizia BONATI, Anna Maria CARDILLO, Luisa CHIANDOTTO, Corrado DE MEO, Clara DEL PAPA, Elisabetta DUPRE’, Flavia FENAROLI, Anna FORNARI, Rita MARCANGELO, Maria Rosa FRANZIN, Nicoletta FRIGERIO, Lucilla GIOVANNINETTI, Angelo LOMUSCIO, Chiara LUCATO, Gigi MARIANI, Simona MATERI, Marco MINELLI, Paola MIRAI, NALJ Jewels, Eliana NEGRONI, Margareta NIEL, Tania PALAZZI, Liana PATTIHIS, Alessandra PASINI, Roberta PAVONE, Marco PICCIALI, Alba POLENGHI LISCA, Daniela REPETTO, Stefano ROSSI, Chiara SCARPITTI, Sergio SPIVACH, Stefano SPIVACH, Claudia STEINER, Yoko TAKIRAI, Silvia VALENTI, Barbara UDERZO, Gabi VEIT, Caterina ZANCA.

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se paghi ci sei! Totò, e io pago!

di Silvia Valenti

 

 

Se paghi ci sei… ma davvero? Essere alle prime armi significa letteralmente imbracciare ad esempio un fucile senza averlo mai fatto in precedenza. Da principianti agli esordi. Questo motto ci dice pertanto che, seppur novellini, disponiamo di mezzi per difenderci.

Ma gli artisti in fregola di successo dispongono davvero – novellini o meno – di strategie efficaci contro gli attacchi di un mercato troppo aggressivo? Io faccio riferimento al Gioiello Contemporaneo e a ciò che lo “circuisce”; la mia riflessione, però, calza a pennello per altre arti, figurative e non.

Penetrare il mercato con il proprio prodotto, oggi, credendo ciecamente nella sua valenza, è pura utopia. Intuiamo che alle nostre spalle dovrebbero ergersi delle strutture solide in grado di supportarci e promuoverci finché non avremo gambe abbastanza forti per correre da soli. E anche allora, come tanti Forrest Gump, passeremmo dallo stringere la mano a un presidente alla pesca dei gamberi.

Oltre le istituzioni, gli enti, le fondazioni deputati a prendersi carico del percorso tecnico-culturale di un autore, ci sono i musei, le gallerie, le associazioni… E poi, come stelle lucenti del firmamento che attraggono la curiosa ammirazione e la brama di ognuno, occhieggiano quegli organismi, frutto di abili studi di mercato, che si presentano come assi nella manica risolvendo i problemi dell’immagine e della comunicazione, inarrivabili per le nostre risorse individuali. Il contraccambio è un “piccolo” contributo economico.

Chi crea gioielli riceve frequenti telefonate con offerte allettanti per mostre in luoghi ambiti, per pubblicazioni su testi illustri. Mentre la voce suadente dall’altra parte della cornetta ti elenca una serie di fantastiche opportunità, la tua autostima si inorgoglisce, per crollare poi a terra come un caco marcio sulla cifra che ti viene richiesta in compenso dei decantati servizi. Non vi è nulla di male in una simile proposta, tranne il fatto che ci sei perché paghi.

Ciò che colpisce è la traballante etica di questo tipo di sfruttamento ormai legalizzato. La persona coinvolta, e in qualche modo informata su quello cui va incontro, è responsabile delle sue scelte. L’inghippo sta nel solleticare il desiderio di apparire a tutti i costi, tipico della nostra società, e motore primo di tante delusioni. Il successo dei social network ne è una prova lampante.

L’era digitale ci laurea protagonisti. C’è chi dipinge, chi suona, chi fa il fimo, chi scrive, chi crea gioielli… Siamo un esercito in crescita. Molti di noi hanno buone qualità e propensioni; altri dovrebbero darsi all’ippica (con scarsi risultati anche lì probabilmente). Eppure, a parte un po’ di sarcasmo, la questione sta proprio nel business costruito sul numero sterminato di soggetti alla ricerca di affermazione. Gli imperi che ne scaturiscono sono di carta velina, trasparenti sì, ma, soprattutto, precari.

Nasce spontanea la domanda: “I grandi autori del gioiello contemporaneo come hanno fatto a diventare quello che ora sono?”. Anni di studio, di pratica, di concorsi (spesso all’estero), di selezioni superate o meno, di pubbliche relazioni calibrate. La via è spesso quella dell’umiltà e dell’abnegazione. L’umiltà serve ad aggiustare la rotta, l’abnegazione diviene sorella di una full immersion colma di pathos. Ore e ore al banchetto, al tavolo da disegno, tentando di scarnificare idee troppo fiorite o di intrecciare linee e forme in giochi singolari.

Tanto ci sarebbe da dire sull’argomento e varie sono le attitudini creative declinate in plurimi linguaggi. Procedendo nell’inchiesta, alla fine gli interpellati rispondono che bisogna mettersi alla prova, cercare di insinuarsi in un circolo virtuoso che premi l’intelligenza accanto all’ingegno e al genio.

La via per far conoscere il proprio lavoro non è, dunque, unicamente quella che passa attraverso il portafoglio; è un cammino tortuoso che ci vede a volte sconfitti, a volte vincitori.

Smettiamola di buttare il danaro nelle tasche dei mangiafuoco di turno. Smettiamola di foraggiare chi, millantando selezioni inesistenti a fronte di un pagamento, ci fa esporre i nostri pezzi migliori in paradossale compagnia di indicibili e palesi prese per il sedere.

Ecco, ora ci è chiaro che le armi da imbracciare sono i nostri strumenti di lavoro e la nostra determinazione. Qui si pone, comunque, un ulteriore spinoso quesito.

Vada per i concorsi seri, vada per le gallerie che vogliono veramente rappresentare il lavoro dell’uno o dell’altro, vada per i progetti costruiti per allargare la conoscenza e la comprensione di questa o di quell’arte, a patto che ci interroghiamo su dove vogliamo arrivare e come ci vogliamo arrivare.

Sono rientrata da poco da Monaco, trasformatasi per una settimana nella capitale del Gioiello Contemporaneo grazie a Schmuck: un’esperienza sconvolgente in termini di qualità, varietà e numero di esposizioni ed eventi. Per chi, come me, si occupa di questa “materia” scrivendo e creando, affrontarne de visu lo sfaccettato universo è stato impagabile.

I motivi sono duplici: poter quasi toccare con mano oggetti che normalmente si svelano sulla carta stampata dei cataloghi talvolta poco clementi con i pezzi, talaltra troppo; lasciarmi coinvolgere a 360 gradi nella comprensione del background di un autore. In quei giorni, passati tra artisti di punta del panorama attuale, galleristi, editori, manager…, ho colto un presupposto inconfutabile: non sempre il talento aiuta, le public relations e i contatti giusti, invece sì. Sono, infatti, le chiavi adatte ad aprire portoni immensi.

Torniamo perciò a bomba, alla spinosa questione del mentoring. I neofiti del settore non hanno di sicuro né le capacità né le reti di conoscenze di alcuni autori affermati; di conseguenza si affidano, scendono a compromessi, sgomitano ed escludono i colleghi illudendosi che il loro fare passi inosservato. Come si può, in questo sistema soggettivo, privo di paletti e regole, trovare il bandolo della matassa? E quali parametri applica chi si arroga il diritto di dire tu sì e tu no?

Beh, chi non ha il santo in paradiso, apre il portamonete ed entra nel gioco, perchè se paghi ci sei!; chi non ha consistenti disponibilità economiche aspetta che qualcuno si accorga del suo talento e chi ha il santo in paradiso dovrà dimostrare di valere effettivamente qualcosina, altrimenti il suo balzo in avanti sarà direttamente proporzionale al tonfo che ne potrebbe conseguire. Alla fin fine rimane l’amara consolazione della consapevolezza che tutto il mondo è paese. La realtà va così. Ci piaccia o no!

Sta a noi fare la differenza scegliendo le corrette opportunità consci che le garanzie non esistono, che la soggettività è sovrana e che i santi in paradiso non sono poi così tanti!

 

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pensieri_preziosi_10-monografie-graziano_visintin

di  Silvia Valenti

 

Mostrare. Svelare i prodigi dell’arte. Evitare pertanto, a tutti i costi, il controsenso dell’incomunicabilità. Certe volte, però, gli oggetti esibiti sono quarti di carne appesi e abbandonati in attesa di spettatori che li interrogheranno invano.

Di conseguenza mi chiedo: i sedicenti appassionati d’arte a quale bisogno rispondono visitando una mostra? E gli artisti, come possono talvolta chiudere gli occhi davanti all’insignificanza di eventi scarsamente esplicativi?

Per il gioiello contemporaneo si sono compiute tante pregevoli cose negli ultimi tempi, non bastano tuttavia a cancellare un’inequivocabile abitudine alla superficialità tipica di chi realizza troppo in troppo poco tempo.

Chi invece si nega sempre, in nome dell’ordine e della cura, al conformismo del fare a oltranza, è quasi costretto a esprimere disagio nei confronti di quest’universo preziosissimo, ma un po’ orbo. Orbo di una coscienza comune, orbo di figure professionali che siano in grado di comunicarlo esaltandolo, orbo di un adeguato apporto critico e, spesso, orbo di umiltà.

Non si può nemmeno dire che in Italia manchi una cultura museale. E allora: si deve forse arguire che, stando alla legge della domanda e dell’offerta, qualcosa si sia inceppato nel meccanismo organizzativo? Sembra in effetti che taluni affrontino i fondamenti della divulgazione come il classico sassolino nella scarpa che non ne vuol sapere di lasciarsi togliere.

Al di là di ogni mera riflessione, vediamo adesso di decifrare meglio queste mie obiezioni con degli esempi concreti. A Padova da molti anni – dieci per l’esattezza – si svolge Pensieri Preziosi un’interessante rassegna sul gioiello contemporaneo che ha visto avvicendarsi, nella magnifica cornice dell’Oratorio di San Rocco, grandi Maestri, scuole rinomate e avanguardie. Bene, nel novembre del 2014 vi si è reso omaggio con un’importante mostra monografica a un esponente di rilievo della Scuola padovana. I circa cento pezzi di Graziano Visintin, esposti in quell’occasione, sono stati un saggio attendibile dei suoi primi quarant’anni di lavoro.

 

oratorio di san rocco, padova

Oratorio di San Rocco, Padova – Ph credit Silvia Valenti

 

 

Se, d’altro canto e parallelamente all’evento stesso, appuntiamo l’attenzione sulla sua fruibilità, c’è qualcosa da rilevare. I pochi non del settore presenti alla cerimonia di apertura hanno goduto dei necessari chiarimenti sui motivi ispiratori del maestro e sul suo stile unico. Chi invece, digiuno di competenza specifica, vi si è recato nei giorni a seguire, si è perso – senza dubbio incantato – tra gli affreschi della sala e le bacheche ricche di opere d’ineguagliabile fattura, giocate su equilibri geometrici con contrasti di materiali e patine. Ha guardato gli oggetti, purtroppo splendidamente silenziosi, di un artefice che ha segnato l’evoluzione della gioielleria contemporanea.

Graziano Visintin è, infatti, tra gli esponenti storici di quella che dal 1983 è stata definita da Fritz Falk, allora direttore dello Schmuckmuseum di Pforzheim, la “Scuola orafa padovana”.

Visintin “conferma non solo il linguaggio geometrico, come sigla della cultura padovana, ma anche la sua estrema leggerezza […]. L’uso di segmenti modulari come prismi allungati e appiattiti che circoscrivono il vuoto, fa della rarefatta materia aurea, trasformata in spazio luminoso, una massima interpretazione della leggerezza”. (Da Gioielleria Contemporanea. La Scuola di Padova diGraziella Folchini Grassetto, Arnoldsche.)

 

Pensieri Preziosi 10 - Monografie. Graziano Visintin. Oratorio di San Rocco, dal 29 novembre 2014 al 15 febbraio 2015, Padova. Ph. credit: Silvia Valenti

Pensieri Preziosi 10 – Monografie. Graziano Visintin.
Oratorio di San Rocco, dal 29 novembre 2014 al 15 febbraio 2015, Padova.
Ph. credit: Silvia Valenti

 

I gioielli di Visintin parlano una lingua elegante, declinata in forme asciutte e lievi. Se poi si pensa che hanno quarant’anni di vita, si è colti da una certa inquietudine. Oggi ci paiono “contemporanei”, eppure, in quanto testimonianza di un movimento nato negli anni Sessanta, sono assolutamente innovativi e controtendenza allorché paragonati alla gioielleria tradizionale allora in voga.

 

Graziano Visintin, studi per patine

Graziano Visintin, studi per patine

 

Graziano Visintin, spille

Graziano Visintin, spille

 

Graziano Visintin, spilla

Graziano Visintin, spilla

Questa retrospettiva, dunque, ha in sé una misura vastissima che comunque non risalta adeguatamente poiché le pecche di curatela la smussano in parte.

Mi spiego. Ho portato degli amici a incontrare tanta bellezza. Amici che non conoscono l’esistenza della Scuola orafa padovana, che non sanno chi sia Graziano Visintin, ma sanno distinguere la grazia dalla banalità e che, proprio per tale motivo, si accorgono della mancanza di didascalie con date e rimandi interpretativi all’interno delle teche. Mi hanno subissata di quesiti e non mi è per nulla dispiaciuto spiegare i lavori esposti. Parlavo, però, con un rovello fastidioso nella mente: possibile che i curatori trascurino di rivolgersi a un pubblico che non sia solo quello degli addetti ali lavori?

Povero ricordo rimane degli stupendi affreschi di una sala e delle incomparabili opere di un artista quando non viene illustrato che cosa in realtà si stia ammirando.

Fare cultura non vuol dire, forse, occuparsi di rendere palese qualcosa che altrimenti rimarrebbe nascosto? Non si può e non si deve partire dal presupposto che la conoscenza si espanda per osmosi. Non basta piazzare un oggetto in una teca rilucente e supporre che esso si autoracconti.

Insomma, viene spontaneo pretendere più cuore e più tempo nell’allestire le testimonianze del presente e del passato. E forse gli stessi artisti potrebbero esigere maggiore rispetto per il messaggio che desiderano tramandare.

Ciò peraltro succede non soltanto in Italia, ma anche all’estero. Ne è prova eclatante il sincero articolo di Damian Skinner, pubblicato su AJF (Art Jewelry Forum) e relativo alla mostra personale di Otto Künzli svoltasi nel 2013 a Monaco.

L’analogia tra Visintin e Künzli, non è casuale e non è da intendersi sotto l’aspetto della valutazione critica. Sono due grandissimi del gioiello contemporaneo, tra i fondatori entrambi di due significativi  movimenti dell’oreficeria internazionale, e autori in vita. Che cosa li accomuna quindi?

Probabilmente una sfortunata scelta di immagine e di comunicazione.

L’articolo di Skinner è godibilissimo per lo stile impeccabile e per la lucida franchezza con cui descrive gli allestimenti lacunosi e gli ambienti fuorvianti della personale di Künzli, definendoli “more like a luxury goods concept store than a museum gallery”. In definitiva Skinner si chiede come questo tipo di veste espositiva che ritrae gli stereotipi del lusso di una certa società possa essere specchio di un’opera che ne denuncia i limiti.

Otto Künzli. The Exhibition. March 9 - April 7, 2013, Die Neue Sammlung, Munich, Germany

Otto Künzli. The Exhibition. March 9 – April 7, 2013, Die Neue Sammlung, Munich, Germany

 

 

God is in the details, afferma il grande architetto e designer Ludwig Mies van der Rohe.

Less is more, rimarca.

Io sono d’accordo.

 

 

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museo del Gioiello di Vicenza

di Silvia Valenti

 

Ted Noten Manifesto

1 Ted Noten unconventional jewellery

“Contemporary jewellery is dead”, (Fig. 1) scrive Ted Noten nell’incipit del suo Manifesto  sulla gioielleria contemporanea offrendoci un messaggio di paradossale accezione negativa che ci induce a riflettere con serietà.

Nella sua concisione si rende, infatti, specchio di una tendenza allarmante. Il monile di classica memoria si era già trasformato da decenni in “qualcosa” di diverso: un impeto reazionario, una filosofia esistenziale, un simbolo, una sfida. (Fig. 2)

Durante il processo di emancipazione, però, qualche elemento nel fluire dell’ispirazione creativa è naufragato arenandosi sulla spiaggia della mera indagine eidetica. Secondo il designer olandese, che ama stupire per sollecitare gli animi, l’elettrocardiogramma piatto delle recenti produzioni fa bella mostra di sé sui muri delle gallerie d’arte, messo sotto vetro e appeso come un inespressivo corpo morto.

Stefan Heuser Human fat pendant

2 Stefan Heuser Human fat pendant

Ted Noten, d’altronde, è conosciuto per i pezzi sfacciati, provocatori e non sempre di facile indossabilità. La sua asserzione estrema, dunque, non è altro che l’ennesimo capitolo di un intenzionale arguire dissacratorio? (Fig. 3)

Ted Noten Acrylic bag

3 Ted Noten Acrylic bag

In parte sì. In parte no.

“Contemporary jewellery is autistic”, ribadisce sempre nello stesso saggio. La gioielleria contemporanea è davvero autistica? Nel senso di autoreferenziale, forse? Il gioiello, ormai frutto di continui ripiegamenti introspettivi, si autocelebra, autodefinisce, autoelegge, massonicamente osannato da quei pochi adepti che intendono e condividono l’identico codice ipercriptico. Senza voler parafrasare l’intero Manifesto, balza agli occhi che l’esasperato autoisolarsi del gioiello contemporaneo e di ciò che lo circonda, ne dichiara ad alta voce la scomparsa. Questa è di sicuro una posizione borderline, che getta però una chiara luce sul triste panorama della nuova oreficeria.

Tuttavia, si può dichiarare deceduta un’arte? Dal momento in cui i suoi autori campano – famosi, semifamosi o sconosciuti -, l’assioma di base ci predispone a decretarne l’esistenza.Ebbene, il gioiello contemporaneo non è morto! Si è solo rannicchiato in un mercato esclusivo nascondendosi ai più.

In quest’ultimo anno ho bazzicato tra libri, articoli, sacri testi, testi meno sacri, mostre, fiere, orafi, scultori, connoisseur, critici, pseudocritici, collezionisti, conscia di aver sondato solo una minuscola parte della punta di un gigantesco, smisurato iceberg. Certo è che sul gioiello contemporaneo non sono proprio stati versati fiumi di inchiostro, e altrettanto lampante risulta una carenza di letteratura dedicata. Ted Noten esplicita senza mezzi termini un dissolvimento del valore ludico e intrinseco del gioiello. Muove così le acque, suscitando un fervido dialogo. E ciò assieme ad alcuni altri specialisti illuminati quali Liesbeth den Besten e la nostra attivissima Alba Cappellieri . Il punto dolente della questione è che nel tentativo di evidenziare qualcosa di prezioso tendiamo a ghettizzarlo, a renderlo cibo prelibato per pochi palati. Il grande valore aggiunto dell’arte sta nella sua divulgazione. Ha bisogno di una patina attraente che la renda desiderabile. Da parte di tutti. La strada per arrivarci è quella dell’informazione allargata su presupposti formativi specifici.

Questo è quanto sta costruendo Alba Cappellieri in Italia: una rete di contatti tra i vari interlocutori del settore per definire lo scenario d’azione. Grazie ai suoi studi e a un progetto di intercomunicazione che spazi dall’artigianato alla grande filiera del design industriale, toccando anche la moda, il costume, la storia, ha creato i presupposti di una proficua innovazione. Il neocostituito Museo del Gioiello di Vicenza ne è la prova!

Il gioiello contemporaneo italiano ha una tradizione lunga, complessa, affascinante e ha dato vita a realtà produttive di matrice artistica e industriale. La sua quotidianità, pertanto, è più articolata rispetto a quella del Nord Europa dove la produzione è appannaggio solo del singolo autore. I termini dell’equazione però, anche se spostati, non mutano: il grande designer Gijs Bakker non ha mai fatto mistero di quanto fosse deluso dall’allure elitaria che un certo tipo di gioiello contemporaneo stava assumendo. Egli ha sempre proposto, infatti, l’incontro con il vasto pubblico sia in termini di comprensibilità che economici.

Ma procediamo con ordine.In uno sguardo a volo d’uccello da Nord a Sud passiamo attraverso approcci e visioni differenti. Il Nord Europa vanta una tradizione relativamente giovane e vivace in cui il gioiello d’autore è la forte risposta a quella italiana fondata su un sapere ricco e poliedrico acquisito in una tribolata sequenza di mutamenti. (Fig. 5, 6, 7)

Mario Pinton, spilla oro e rubino

5 Mario Pinton, spilla oro e rubino

Francesco Pavan, spilla oro

6 Francesco Pavan, spilla oro

Giovanni Corvaja, The Golden Fleece.

7 Giovanni Corvaja, The Golden Fleece.

Liesbeth den Besten, classificando lo status quo del gioiello contemporaneo in sei tipologie, ci aiuta a entrare in contatto con un mondo in cui, comunque, i raggruppamenti provocano dubbi e perplessità, ma sono illuminanti per scoprire che sotto i nostri occhi si dischiude un universo non del tutto esplorato. Contemporary jewellery, Studio jewellery, Art jewellery, Research jewellery, Jewellery design e Author jewellery potrebbero essere la risposta alle domande ricorrenti che tanti orafi si fanno cercando disperatamente il loro corretto posizionamento in un mercato della creatività di cui è difficilissimo imparare le regole. La den Besten annota, inoltre, che negli ultimi cinquant’anni il gioiello è diventato una pratica artistica personale molto legata alla ricerca, sempre più vicina alla fotografia, alle installazioni, alla video arte e alle performance, pur non dovendo condividere con esse la medesima libertà espressiva. Le arti visive denunciano per lo più la corruzione guasta del mondo con messaggi di orrore, disgusto e avversione. Il gioiello di contro, nel suo vero linguaggio, dovrebbe mantenere almeno una parte dell’atavica natura di ornamento. Non dovrebbe denudarsi del tutto. Eppure, l’intuizione folle di alcuni sfugge comunque all’incasellamento tipico di menti analitiche e ci propone una visione del gioiello che con il gioiello non ha molto a che fare, tranne per i materiali nobili con cui viene costruito. E’ il caso delle opere psiconeuroprovocative di Lauren Kalman, finalista dell’Art Jewelry Forum Artist Award. (Fig. 8)

Lauren Kalman, Devices for Filling a Void

8 Lauren Kalman, Devices for Filling a Void

E qui sfido chiunque a dare una collocazione al suo lavoro. E non lo dico perché non comprendo questo tipo di arte, o perché ne rimango sconvolta. Penso che nell’uomo sia insita la tensione allo sperimentare e conoscere attraverso la mimesi. Penso che il lavoro della Kalman sia incredibile e che vada al di là della provocazione fine a se stessa. La sua ricerca travalica i confini della neuropsichiatria mostrando le reazioni del corpo e suscitando nel pubblico una catena di emozioni contrastanti e inquietanti. Quasi una performing art sensista che usa il significante del gioiello come pretesto. E’ lecito di conseguenza sentirsi usurpati quando oggetti simili sono considerati al top internazionale dell’oreficeria?

Non sbagliamo se accettiamo il riconoscimento di uno studio sull’aberrazione socio-culturale che rientra nei canoni generali dell’arte come espressione, sbagliamo invece se ne avalliamo la scelta come risultato di un fare squisitamente orafo. Il nostro corpo risponde agli stimoli e la libertà dell’arte è conclamata, tuttavia gli eccessi peccano di morbosi concettualismi ponendo confini e sfociando nell’incomunicabilità. Qualcuno dovrebbe mettersi a disposizione per stilare sottotitoli e didascalie esplicative! Ci siamo chiusi in una nicchia tanto piccola da faticare a uscirne. Allora il famigerato gioiello contemporaneo vogliamo o no renderlo POP?

Popolare, riconosciuto come forma d’arte, accolto e compreso, studiato e sostenuto, valorizzato e accompagnato da una maggiore consapevolezza. Niente più approssimazioni, solo seria e volenterosa accettazione di un nuovo panorama che abbracci una Koinè globalizzata. Utopia? Magari oggi sembra impossibile, ma domani? A Vicenza il 24 dicembre p.v. aprirà le porte il primo Museo del gioiello. Non è questo un bell’inizio?

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paolo fresu
di Redazione

 

Lucca Classica Music Festival, ottava edizione al via con oltre 50 appuntamenti

 

Dal 23 aprile al 1° maggio si terrà l’ottava edizione del Lucca Classica Music Festival, manifestazione promossa dall’Associazione Musicale Lucchese con più di 50 appuntamenti  dalla mattina fino a tarda sera.

La manifestazione si apre sabato 23 aprile alle 21 in San Francesco con il concerto inaugurale che vede protagonisti l’orchestra e il coro dell’ISSM “Boccherini” diretti da GianPaolo Mazzoli e Sara Matteucci e i solisti Silvia Chiesa, Valentina Coladonato, Maurizio Baglini e la voce recitante di Sandro Cappelletto. In programma un omaggio a Pier Paolo Pasolini con il brano “Tra la carne e il cielo” di Azio Corghi, il Preludio Sinfonico SC 32 di Puccini e il Credo per pianoforte, coro misto e orchestra di Arvo Pärt. Quelle di Pärt sono pagine di straordinaria attualità, scritte nel 1968 per esprimere il senso di disintegrazione, crisi e rinascita di un popolo, quello estone, al tempo sottomesso e tormentato dal governo dell’Unione Sovietica.

Nel programma del festival spicca la presenza di Mario Brunello, che porta a Lucca il progetto dedicato a Bach dal titolo “Sonate e partite: una storia biblica?” (24, 25, 26 aprile, ore 21, Auditorium del Suffragio). Durante i tre concerti il musicista veneto eseguirà alcuni dei brani più commoventi del compositore tedesco su uno strumento di rarissimo ascolto, presentandoli nel contesto di una sorta di «storia biblica» che svela i legami profondi delle Sonate e Partite con la liturgia e la teologia cristiana.

Tra i protagonisti di questa edizione ci sarà il vincitore del Premio Paganini 2021 Giuseppe Gibboni, che il 29 aprile, alle 21, in San Francesco suonerà con l’Orchestra del Boccherini. In programma in quella serata anche la Sinfonia 2, Under the Trees’ Voices di Ezio Bosso, composta in onore della “foresta dei violini” della Val di Fiemme in cui crescono i cosiddetti “abeti di risonanza”. È là che liutai di tutto il mondo, a partire da Stradivari, hanno selezionato per secoli i legni per la costruzione delle tavole armoniche dei loro strumenti. In occasione della Giornata internazionale del jazz, sarà a Lucca Paolo Fresu (30 aprile, ore 21 in San Francesco) con il progetto “Altissima Luce”, straordinario lavoro musicale liberamente ispirato al Laudario di Cortona, il più antico esempio di composizione in musica in italiano volgare, che viene proposto rivisto con grande maestria, tenendo un piede nella tradizione e l’altro nella contemporaneità.

Nel festival ci sarà spazio anche per la poesia con Franco Arminio e per la prosa con Marco Brinzi e L’arte della fuga, pièce ispirata alla figura di Glenn Gould (in collaborazione con il Teatro del Giglio). Dopo il grande successo dello scorso anno, ancora un suggestivo silent wifi concert in notturna, stavolta nello splendido giardino di Palazzo Pfanner, con Andrea Vizzini al pianoforte (29 aprile, ore 23).

Tra i tanti appuntamenti dedicati a Puccini, imperdibile quello con il Quartetto d’archi della Scala e il pianista Simone Soldati, che vede in programma anche la Gavotta e la Fuga prima in sol maggiore per quartetto d’archi di Giacomo Puccini (1° maggio, alle 17:30 al Suffragio). Questi due brani saranno proposti a Lucca Classica dopo la recente prima ripresa in tempi moderni al Teatro alla Scala. Fondamentali, per questo appuntamento, le collaborazioni con il Centro Studi Giacomo Puccini, l’Edizione Nazionale delle opere di Giacomo Puccini e la Fondazione Simonetta Puccini per Giacomo Puccini.

Il programma completo è online sul sito www.luccaclassica.it con indicati i concerti serali e tutti gli appuntamenti  per i quali sono aperte le prevendite su www.vivaticket.it.
Media partner sono Bell’Italia e Gardenia, Rai Radio 3, Rai Cultura, Rai 5.

Sostenuto dal MIC, con il patrocinio e il sostegno di Regione Toscana, Prefettura, Provincia e Comune di Lucca, Camera di Commercio di Lucca e Lucca Promos, Lucca Classica è realizzato anche grazie ad Akeron, AKC, Banca del Monte di Lucca, Banca Intesa, Cartografica Galeotti, Farmacia Novelli, Fabio Francesconi Srl, Assicurazioni Generali (Lucca), Istituti Scolastici Esedra, Guidi Gino Spa, I gelati di Piero, Lucar TM – Concessionario Toyota, Mag-JLT Broker, Oleificio Rocchi, Toscotec, Unicoop Firenze. L’Associazione Musicale Lucchese ringrazia Fondazione Banca del Monte di Lucca, Studio odontoiatrico associato LDM, MondialCarta e il ristorante Gli orti di Via Elisa, mecenati ai sensi della legge sull’Art Bonus.

Orchestra e coro Boccherini

Orchestra e coro Boccherini

 

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Cristicchi, Il Secondo Figlio di Dio (ph. Tommaso La Pera) (2) teatro, spettacolo, pistoia casalguidi

 

 

E’ stata presentata ieri la stagione teatrale del Teatro Francini di Casalguidi alla presenza del Vicesindaco di Serravalle Pistoiese, Simona Querci, del Presidente dell’Associazione Teatrale Pistoiese Rodolfo Sacchettini e del direttore artistico Saverio Barsanti. 

Protagonisti della stagione, oltre a Cristicchi, Gli Omini e La DisturBanda; quattro invece le proposte per le scuole materne, elementari e medie inferiori con gli spettacoli firmati da AmniOTeatro, T.E.A., Pupi di Stac e Scuola di Musica e Danza “T. Mabellini” di Pistoia.

 

Simone Cristicchi torna al Teatro Francini martedì 21 marzo, dopo il sold out dello scorso anno con ” Mio nonno è morto in guerra” in prima regionale con Il secondo figlio di Dio, spettacolo che ha scritto assieme a Manfredi Rutelli, per la regia di Antonio Calenda. Tra canzoni inedite e narrazione, il bravissimo cant’attore ricostruisce la parabola di Davide Lazzaretti, mistico e eretico/visionario di fine Ottocento, detto “Il Cristo dell’Amiata” citato e studiato anche da Gramsci, Tolstoj, Pascoli, Lombroso e Padre Balducci. Da ‘barrocciaio’ a profeta, Lazzaretti si proclamò reincarnazione di Gesù Cristo, radunando migliaia di persone nell’Italia post-unitaria col suo carisma e cavalcando, in quel piccolo lembo di terra nel sud della Toscana (tra Arcidosso e Amiata), il sogno rivoluzionario di una società più giusta, fondata sull’istruzione, la solidarietà e l’uguaglianza.

 

Il secondo appuntamento, giovedì 6 aprile, è con Gli Omini, la compagnia in residenza artistica presso l’Associazione Teatrale Pistoiese, Premio Enriquez 2014 e Premio Rete Critica 2015, più volte ospite con grande successo della piccola sala di Casalguidi. Gli Omini proporranno il loro ultimo, esilarante lavoro, Più carati, coprodotto dall’Associazione Teatrale Pistoiese, ora in tournée dopo il debutto in novembre a Pistoia.

Ideato e scritto da Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi, Giulia Zacchini, Luca Zacchini e Armando Pirozzi, lo spettacolo è una favola antica, calata in un mondo contemporaneo che stravolge le favole, raccontata con l’ironia del linguaggio contemporaneo che caratterizza da sempre il lavoro della compagnia. Al centro la vicenda vera e semplice di tre amici (Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi e Luca Zacchini) che, un giorno come tanti, alla soglia dei quaranta, trovano un bel pacco di soldi per terra. Soldi, guadagnati per caso e destinati a scatenare un’ora di sogni, dubbi, deliri, gioie, dolori, mettendo in luce lo scontro grottesco tra la generazione dei nuovi giovani, paralizzata dall’impossibilità di scegliere, e la generazione dei vecchi ricchi, congelata in un passato comodo in salotto.

 

La DisturBanda protagonisti, sabato 22 aprile, dell’ultimo dei tre titoli della stagione, Lo sConcerto. Un musicista impeccabile e professionale riceve una terribile telefonata a pochi minuti dall’inizio di un concerto:  gli ospiti internazionali che avrebbero dovuto parteciparvi non potranno presentarsi. Ecco allora che allo sconsolato clarinettista non resta che affidarsi ai cinque colleghi particolari. Abili suonatori certo, ma un po’ estrosi. Ne nascono situazioni divertenti e surreali che, come colonna sonora, hanno sempre musica colta, contaminata da standard jazz, soundtrack e ritmi latini intervallati da sketch comico-demenziali.  Nata nel 2011, dalla complicità di sei amici, musicisti di formazione colta (Lorenzo Del Pecchia clarinetto, Marco Caponi sax soprano, Emanuele Gaggini sax contralto, Massimo Marconi corno, Marcello Angeli trombone, Cristian Pepe sax baritono) con l’intento di avvicinare i bambini al mondo della musica, La DisturBanda ha fatto della comicità abbinata alla musica il suo cavallo di battaglia, conquistando anche i “grandi” (numerosi i premi vinti in concorsi nazionali) ed approdando con successo in tv a Zelig e in programmi come “Italia’s Got Talent”, “Non Solo Aria Fresca”.

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Ospiti del Teatro Francini per la sezione “A Teatro con la scuola!” –  che ha sempre registrato una grande adesione da parte di docenti e classi – saranno quattro compagnie, di bella professionalità, che sviluppano la loro ricerca incrociando linguaggi artistici diversi.

 

Si inizia mercoledì 15 febbraio con Volli Voli della compagnia AmniO Teatro, lavoro scritto e diretto da David Spagnesi ed interpretato da Marco Licheri, Maudi Scarola, Silvia Pippolini, Fabio Petracchi, Giulia Biagianti(fascia d’età 11/14 anni). Una narrazione teatrale, intervallata da interventi audio, video e slides,che affronta un tema di triste attualità, e quanto mai cruciale nella vita dei più giovani, il cyber bullismo:uno spettacolo scritto perché rimanga solo teatro e non ci sia bisogno di dare un vero nome al sacrificio di un’altra ragazza…”

 

La compagnia T.E.A. di Chiara Falcone e Marco Melia declina il suo omaggio a Ludovico Ariosto con La canzonetta di Orlando (martedì 21 febbraio, fascia d’età 3/7 anni). In modo divertente e agevolmente fruibile per i bambini prenderanno vita le famose vicende dei paladini di Francia (nel 2016 celebrate con i 500 anni dalla prima stampa dell’Orlando furioso), attraverso la tecnica dei burattini a guanto costruiti interamente a mano dalla compagnia secondo regole artigianali rispettose della tradizione.

 

Torna anche la ‘storica’ compagnia di burattini di Firenze, Pupi di Stac di Enrico Spinelli, con Storie a colori (giovedì 2 marzo, fascia d’età 3/6 anni), un’antologia di fiabe e filastrocche (Il maialino e il lupo; La filastrocca dei colori) narrate, cantate (con la collaborazione diretta dei bambini) e burattinate dal vivo. In questo caso i pupi, di legno intagliato, sono alti circa sessanta centimetri e hanno, unici nella tradizione italiana, figura intera. Sono, insomma, “marionette senza fili” animate dal basso o, se si preferisce, “burattini con le gambe” come il loro fratello più famoso: Pinocchio.

 

Pensati per illustrare ai bambini la storia della nascita degli strumenti sono i racconti musicali di Fiabe in musica, che chiudono la sezione di teatro per le scuole (lunedì 27 marzo, fascia dì età 6/11 anni).

Lo spettacolo, prodotto dall’Associazione Teatrale Pistoiese, vede protagonisti gli allievi della Scuola di Musica e Danza “T. Mabellini” di Pistoia (Valentina Andriani violino, Leonardo Barni batteria, Virginia Belvedere flauto, Ernesto Biagi viola, Giulio Soldati tromba. Tratti da testi di Roberto Piumini, rinomato scrittore per l’infanzia, i  racconti sono stati eleborati in chiave ‘sonora’ da Massimo Caselli, direttore della Scuola “Mabellini”; a lui e alle due voci recitanti, Pablo Eze Rizzo e Sena Lippi, si deve anche l’agile messa in scena delle fiabe. Al termine dei cinque racconti tutti i partecipanti avranno un incontro ravvicinato con i musicisti e i loro strumenti. La Scuola “Mabellini”, che l’ATP gestisce direttamente da alcuni anni, rappresenta, per tutto il territorio provinciale, il principale punto di riferimento per la formazione musicale e artistica.

 

Invariati i prezzi dei biglietti: 11 euro per gli spettacoli serali, 5 euro per gli appuntamenti per le scuole.

 

La prevendita per gli spettacoli serali si effettua il lunedì precedente la data delle rappresentazioni alla Biblioteca Eden di Casalguidi (0573 917414 biblioteca@comune.serravalle-pistoiese.pt.it); dal giorno seguente sarà possibile prenotare i biglietti anche alla Biglietteria del Teatro Manzoni di Pistoia (0573 991609 – 27112).

Info: Ufficio Cultura – Comune di Serravalle Pistoiese 0573 917204 www.comune.serravalle-pistoiese.pt.it

cultura@comune.serravalle-pistoiese.pt.it

 

Orario spettacoli serali ore 21, spettacoli per le scuole ore 10.30.

Teatro Francini 2017 35x50 ok

 

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SPETTACOLI SERALI

 

Martedì 21 Marzo, ore 21

IL SECONDO FIGLIO DI DIO

Vita, morte e miracoli di David Lazzaretti

scritto da Manfredi Rutelli e Simone Cristicchi

con Simone Cristicchi

musiche originali di Simone Cristicchi e Valter Sivilotti

regia Antonio Calenda

Promo Music/ CTB Centro Teatrale Bresciano con la collaborazione di Mittelfest 2016

Prevendita da Lunedì 13 Marzo

 

Giovedì 6 Aprile, ore 21                                                                                                 

PIÙ CARATI

uno spettacolo de Gli Omini

ideato e scritto da Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi, Giulia Zacchini, Luca Zacchini e Armando Pirozzi

con Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi e Luca Zacchini

Associazione Teatrale Pistoiese Centro di Produzione Teatrale/ Gli Omini

in collaborazione con Armunia e Corsia OF – Centro di Creazione Contemporanea

Prevendita da Lunedì 27 Marzo

 

Sabato 22 Aprile, ore 21

LO sCONCERTO

di e con La DisturBanda

Ridens

Prevendita da Lunedì 17 Aprile

“A TEATRO CON LA SCUOLA!”

 

Mercoledì 15 Febbraio, ore 10,30                                                                                                 

VOLLI VOLI

spettacolo teatrale sul cyber bullismo

testo e regia di David Spagnesi
con Marco Licheri, Maudi Scarola, Silvia Pippolini, Fabio Petracchi, Giulia Biagianti

AmniO Teatro

(Fascia d’età indicata 11 – 14 anni)

               

Martedì 21 Febbraio, ore 10,30                                                                                   

LA CANZONETTA DI ORLANDO

tratto da “Orlando furioso” di Ludovico Ariosto

burattinaio Marco Melia

regia Marco Melia

T.E.A. Teatro Educativa Animazione

(Fascia d’età consigliata  3 – 7 anni)

 

 

Giovedì 2 Marzo, ore 10,30

FIABE A COLORI

antologia di storie, fiabe e filastrocche narrate, cantate e burattinate dal vivo

con Beatrice Carlucci, Margherita Fantoni e Enrico Spinelli

Pupi di Stac

(Fascia d’età indicata 3 – 6 anni)

 

 

Lunedì 27 Marzo, ore 10,30                                                                                          

FIABE IN MUSICA

racconti musicali su testi di Roberto Piumini

con la partecipazione di allievi della scuola di Musica e Danza “T. Mabellini” di Pistoia:

Valentina Andriani (violino), Leonardo Barni (batteria), Virginia Belvedere (flauto), Ernesto Biagi (viola), Giulio Soldati (tromba)

voci recitanti Sena Lippi e  Pablo Eze Rizzo

elaborazione in chiave sonora Massimo Caselli

Associazione Teatrale Pistoiese

(Fascia d’età consigliata  6 – 11 anni)

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PREZZI BIGLIETTI

Posto unico non numerato Spettacoli serali                        € 11,00

Posto unico non numerato Spettacoli per le scuole            €   5,00

www.teatridipistoia.it

atp@teatridipistoia.it